COMUNICATO STAMPA UILTEC
“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande
alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si
fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia”, queste sono le parole di Alessandro
Manzoni del capitolo XXXI dei Promessi Sposi, in cui ha descritto l’epidemia di peste del 1630
diffusasi proprio a Milano e poi successivamente in tutta Italia, provocando circa 1.100.000 morti.
Sempre a Milano, nel 1990 vigilia della festa di Sant’Ambrogio, tre compianti grandi Prelati, il
Cardinale di Milano Carlo Maria Martini, il Vescovo di Acerra Mons. Riboldi e il Vescovo di Molfetta
Don Tonino Bello, in un’inusuale ma storica omelia a tre voci, hanno ripercorso i principi di
Sviluppo, di Accoglienza e di Solidarietà in un ottica di Unitarietà. Una collegialità episcopale tra il
Nord, il Centro e il Sud che ha sentito la necessità di lanciare un unico messaggio: “Il Paese non
crescerà se non Insieme…”. È una testimonianza, credo, alquanto attuale in questo particolare
momento di sofferenza causato dalla Pandemia da COVID-19 che stiamo vivendo e che ci farà
vivere una Santa Pasqua in un contesto insolito e surreale.
Da molte parti, con molta approssimazione direi, si tenta di paragonare questa Pandemia alle
Guerre Mondiali del 1918 (durata 4 anni con circa 10 milioni di morti) e del 1945 (durata 6 anni con
60 milioni di morti). Qualche studioso parla di 3^ Guerra Mondiale evocando la Guerra Biologica,
perché crede nell’intenzionalità sia della creazione in laboratorio del Virus e sia delle modalità di
propagazione. Il tutto ha inizio a dicembre del 2019 a Wuhan, in Cina; a metà gennaio il Virus
fuoriesce dalla Cina, a fine gennaio arriva in Italia, di nuovo in quel di Milano e dintorni,
diffondendosi poi in tutta la nostra penisola, in tutta l’Europa e a seguire oltre Oceano. Arriviamo, in
questi giorni, a circa 1.500.000 contagiati nei 208 paesi coinvolti nel mondo, con 220.000 guariti,
ma con ben 73.000 deceduti. In particolare, in Italia si registrano circa 143.000 contagiati e 18.200
estinti, numeri di non poco conto considerando che è avvenuto tutto in appena 4 mesi.
Il Coronavirus ha messo in discussione tutta la nostra vita quotidiana: a partire dal modo di
lavorare e dallo stare in casa, a volte purtroppo lontani dalla famiglia e dai parenti, passando per le
nostre abitudini, gli hobby, lo sport, il prezioso tempo libero, fino ad arrivare alla compromissione
per i credenti dei riti religiosi. Vivremo il periodo Pasquale privati delle tradizionali funzioni, che per
un Cristiano sono momenti di alta e profonda spiritualità.
È un Virus che ha fatto emergere la solidarietà che l’Italia nei momenti difficili ha sempre
dimostrato di avere, ma anche tutta la debolezza e l’inadeguatezza che appartiene al nostro
sistema Sanitario. Colpisce il fatto che apparati come quello della Lombardia, del Veneto,
dell’Emilia Romagna o del Lazio, considerati fino ad oggi le “eccellenze” del nostro sistema
sanitario, abbiano evidenziato tutta la loro fragilità a contenere un disastro annunciato. Questo,
nonostante il grandissimo sforzo di tutto il personale sanitario, al quale sentiamo di rivolgere un
affettuoso ringraziamento e un pensiero di cordoglio ai tanti che ci hanno lasciato
nell’adempimento del loro dovere.
Per non parlare poi di quanto impressiona ciò che sta’ accadendo nella nostra Provincia e in
particolare nell’Ospedale “Perrino” di Brindisi. Come si può accettare che un Ospedale di
eccellenza diventi il focolaio del contagio? Eppure abbiamo avuto tempo per prepararci
all’emergenza!
Vengono in mente tutte le battaglie fatte in diverse occasioni, a partire dal lontano 2000 quando è
stato presentato il primo Piano di Riordino Ospedaliero, dall’allora Presidente della Regione Puglia
On. R. Fitto (probabile prossimo candidato del centrodestra), nel quale è stata indicata la chiusura
dei vari nosocomi, tra cui quello di Mesagne e di San Pietro. Un Piano di smantellamento della
sanità continuato poi dal Governo Vendola. Oggi ci si scontra con una realtà durissima: i posti letto
non bastano, i posti in rianimazione non coprono neanche il fabbisogno quotidiano, l’organico del
personale Medico ed Infermieristico non è sufficiente. Insomma, il nostro sistema Sanitario, così
gestito dalle Regioni, fa acqua da tutte le parti e quindi sarebbe meglio ritornare a parlare del
vecchio modello gestito dal Governo centrale.