Statua ingabbiata – Cesare Augusto scrive al Sindaco di Brindisi…

Esimio Signor

CONSOLE  ( SINDACO) DI BRINDISI

Lo scorso primo  febbraio  ho subito un afftonto terribile, che non riesco ancora a superare. Era interamente trascorso tutto il periodo in cui era stato programmato il ritocco della mia immagine di Imperatore Cesare Augusto, senza che nessuno si sia presentato per eseguirlo.

Si sono solo impegnati  a circondarmi  con una  fastidiosa gabbia metallica, la cui unica funzione è stata quella di ingabbiare la mia anima. Per farla soffrire ancora di più, come se non fosse già abbastanza quella patita in questi anni.

Io in questi  ultimi tre mesi sto vivendo, oltre al dramma dell’ abbandono, quello dell’attesa .

Perchè nessuno  si è presentato per restituire la mia vera immagine alla città, come aveva promesso con quel programma di lavori di restauro, che per un momento  mi aveva felice?

Era una bugia? O si è  ancora una volta  dimenticato di me,  come ha fatto in precedenza, consegnandomi in modo inumano e irrispettoso, al buio della sera e della notte, che mi rende invisibile a chi mi scorre accanto?

No, non voglio continuare a pensare a questo? No. Ho  difficoltà a credere che la responsabilità di quanto accade possa fare riferimento  a chi, come lei,   si dichiara proiettato nel paradiso della cultura e della storia.

La mia anima,   giorno dopo giorno, si sta pian piano corrodendo, incagliata in questi distruttivi pensieri. Ormai non riesco più a far riposare la mia mente, a recuperare la tranquillità  che la storia mi aveva assicurato e che credevo di meritare. Con il mio aspetto trascurato, forse un poco opaco e burbero,  non riesco più a interessare e a rubare un sorriso a  chi  viene a trovarmi, ammesso che riesca ad individuarmi nelle ore serali.

Perchè accade tutto questo? Me lo merito? Le  ho fatto qualcosa? Ha  letto sui libri di storia qualcosa che  l’ ha turbata? Cosa non le piace o non la convince di me?

Quanti terribili pensieri mi faccio. Lei dopo tanta trascuratezza  mi aveva dato la speranza di poter rivivere quando ormai mi ero preparato al peggio, alla mia distruzione totale. Non ci tenevo e non ci tengo più a presentare alla città, ai cittadini    la mia immagine in quel modo orribile.

Se continua a ignorarmi, a trascurami,  per me è la fine.

Comunque non voglio forzarla, non ho il ditritto di farlo. Devi decidere da solo,  come lo fa di solito.

Ma se quello che penso non è vero ed  è solo frutto della mia fantasia, che lei non ce l’ha con me, che   non si è  interessato a me perchè impegnato a ternersi, come al solito,  distante da tutto e da tutti, ingabbiato nel labirinto della sua fantasia e della fragilità delle sue  promesse, la  prego, almeno  per questa volta, faccia  un’eccezione. Si allontani dalle stanze comunali, si disperda nella città per assoporarne il respiro, per respirarne la  sofferenza. Passi da me, per dirmi  cosa vuole  realmente fare, ma faccia  presto. Puo darsi che, confrontandosi con me, con la mia storia,  riesca  a recuperare il senso della sua funzione.

Ora la  lascio. La saluto. Non ce la faccio più. Sono in preda ad una profonda crisi, il mio sistema nervoso non regge al disinteresse che circonda la mia anima e quella di questa città, che si sente tradita nei suoi affetti più cari.

Venga presto. Non mi faccia aspettare.

CESARE AUGUSTO IMPERATORE

tramite

Vincenzo Albano

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