SPECIALE TG1 SU MESAGNE E CRIMINALITA’: L’ON. MATARRELLI PUNTUALIZZA….

Non è la prima volta che Mesagne viene affrescata ispirandosi ad un vecchio clichè: «capitale» della Sacra Corona Unita, città natale del suo fondatore, comunità omertosa e finanche mafiosa al pari di altre terribili realtà campane, calabresi, siciliane. Neppure lo Speciale Tg1 andato in onda la scorsa domenica si è quindi sottratto a quel clichè, restituendo una immagine oggettivamente anacronistica (e cioè fuor di cronaca) e quindi falsata.

Dovendo valutare l’attività giornalistica di una testata tanto autorevole, avverto la necessità di segnalare una dose eccessiva di approssimazione: come se gli autori avessere consultato fonti documentali datate almeno 20 anni addietro, in sovrappiù selezionando le fugaci interviste colte per strada tra i più pavidi o inerti, campione umano statisticamente sempre rappresentato pure in una società sana.

Ma non intendo procedere per controdeduzioni. Non può certamente essere la mia parola – quella di un parlamentare suffragato da un voto popolare significativo e certamente innamorato della propria città – a smantellare quella sorta di impianto accusatorio senza possibilità di appello ora messo in piedi dalla RAI, ma qualche anno addietro (in occasione dell’attentato al Morvillo Falcone) dal fior fiore della stampa cartacea nazionale (anche un solitamente acuto Roberto Saviano cadde in errore). Non può essere neppure la ferma presa di posizione del sindaco Molfetta, benissimamente intervenuto ben prima che qualche speculatore o speculatrice del territorio provassero a giocare con un argomento tanto scottante. Che Mesagne non sia più e da tempo un centro nevralgico della mafia pugliese lo dice la storia di questi vent’anni appena trascorsi. Che Mesagne si sia complessivamente emancipata dal giogo criminale, sviluppando e coltivando robusti anticorpi, lo dimostra una lunga serie di dati positivi: ad esempio che nessun amministratore pubblico (di sinistra o di destra) sia mai stato neppure accusato di collusione mafiosa; che nessun appalto pubblico sia mai stato infiltrato dagli appetiti mafiosi; che nessun funzionario pubblico sia mai stato lambito da indagini sulla mafia. Ma non solo. Mesagne ha via via elaborato una sorta di struttura dell’antimafia, tessendo relazioni ed attività con il più limpido mondo dell’associazionismo (Libera su tutti), impegnandosi nella sensibilizzazione e nella formazione delle generazioni più giovani, primeggiando senza esitare nell’assegnazione dei beni confiscati alla mafia, stabilendo ad ogni livello un discrimine netto e spesso tra la società perbene e quella permale, sempre più ridotta ad un ghetto. Si potrebbe affermare allora che Mesagne è riuscita letteralmente a ribaltare quello che sembrava un ineludibile destino, trasformandosi da caposaldo mafioso in caposaldo dell’antimafia.

Ora, con ciò nessuno intende negare che i problemi persistano; o che anche quell’enclave di mafiosi di terza generazione (senza capi in libertà, privi di strategie raffinate come in passato, schegge dissennate impiegate nello spaccio di droga, nei furti, nel racket delle estorsioni) sia perniciosa e debba essere ad ogni costo spazzata via. Né si intende dissimulare un problema più sottile e residuale ma non meno pericoloso, quale è quello di alcuni settori della società cosiddetta civile che ancora non vogliono capire come la mafia (anche quella che non spara, che ha un volto per così dire «amichevole») è sempre e comunque «una montagna di merda».

Ma io ritengo che il fenomeno dell’insistenza mafiosa nella Mesagne di oggi – pur esigendo una guardia altissima da parte delle istituzioni democratiche, delle associazioni, delle scuole, delle chiese, delle agenzie formative di ogni tipo strettamente alleate – non possa neppure lontanamente somigliare a quello che ha stremato la nostra comunità come un vero e proprio cancro. Né somigli affatto al debole racconto messo in piedi dalla troupe del Tg1, che mi piacerebbe invitare per un soggiorno gratuito in un momento qualsiasi dell’anno, in modo da poter godere della civiltà e dell’accoglienza di un popolo laborioso ed onesto, finalmente e faticosamente rinnovatosi.

 

Toni Matarrelli

Deputato della Repubblica

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