A chi gioverebbe la perdita della polifunzionalità del nostro porto?
Non c’è dubbio che la chiamata a raccolta dei cittadini contro il deposito di Gnl della Edison abbia avuto, a prescindere dalla inevitabile guerra dei numeri, ampio consenso e partecipazione. Poteva esserci più gente? Certo che si. Poteva andare buca? E’ ancora sì.
Ma è andata bene, a dispetto dei gufi e dei detrattori a vario titolo, ed è l’ottimo inizio di un percorso che non finisce certamente qui.
Se non si è totalmente ipocriti, occorre chiamare le cose per ciò che realmente sono. Quello non è un deposito, se mai lo è stato, ma un impianto di rigassificazione, un rigassificatore, messo a due passi dal centro cittadino. Una follia come ciò che volevano fare a Piombino e come quello che, anni fa, intendevano realizzare a Brindisi, anzi questo è più vicino alla città.
Le rassicurazioni che ora si affrettano a dare sono fuori tempo massimo, sono ovviamente interessate e irrispettose nei confronti dei cittadini di Brindisi. Le associazioni chiesero a suo tempo di partecipare agli incontri di presentazione dell’impianto, ovviamente lo avrebbero fatto per esprimere in quelle sedi la netta contrarietà, ovviamente motivandola come fanno sempre: i “no a tutto” non esistono, come al contrario esistono, per far prosperare i “fatti” loro, i “si a tutto”.
Non consentirono la presenza di alcuna voce dissonante i loro progetti, una partecipazione non gradita perché allora serviva vantarsi e comunicare una ipocrita e fasulla unanimità. Chiedere ora un confronto è irrealistico oltre che tardivo, vergognosamente tardivo.
Non è stato un difetto di comunicazione, non è possibile pensare che una società del livello di Edison – fatta passare per italiana quando invece è per il 99,48% di EDF cioè capitale francese – non abbia fior di professionalità esperte in comunicazione, stesso ragionamento varrebbe per l’AdSPMAM, se ha provveduto a invertire la tendenza rilevata dall’analisi sviluppata dallo Studio Vettosi che la vedeva, circa tre anni fa, ultima in una classifica tra i vari enti portuali per la qualità dei risultati ottenuti a fronte delle retribuzioni assegnate.
Quindi è da escludere una fortuita o casuale cattiva comunicazione.
Sono convinto che a Brindisi sia necessario rimettere in discussione la visione di porto di cui è portatore l’Ente portuale, perché questa visione condanna il porto di Brindisi alla perdita della sua tradizionale polifunzionalità sacrificandola agli interessi di qualche industria e a qualche altra poco ragionevole “idea” progettuale. Ed è facile immaginare a chi tornerebbe utile ciò.
Come poi possa mai risultare credibile la teoria secondo cui questo impianto, allocato a Costa Morena, non interferisca con i traffici portuali, non si riesce a comprendere. Anche un neofita di portualità, uno che dà una lettura pur veloce al copioso carteggio, si renderebbe immediatamente conto dell’esatto contrario.
Il primo “peccato” è aver indicato quel sito, e questo è una precisa responsabilità dell’Ente portuale e non è realistico pensare che non si siano considerate le conseguenze, per altro manifestate subito da alcuni operatori portuali, anche se sommessamente, ma non per questo meno attendibili.
Pertanto oggi le forze politiche, se hanno realmente e coscientemente a cuore gli interessi del porto e quindi della città, dovrebbero lavorare per azzerare la questione e lo si può fare in un unico modo, con il ritiro delle autorizzazioni e le concessioni rilasciate.
Giorgio Sciarra