Non sarei mai tentato di coinvolgermi in faccende interne al Pd, al quale non appartengo, se non avesse il Pd stesso cercato in vari modi di coinvolgermi e offendere, anche se indirettamente, una mia minima presunta intelligenza chiedendomi, pagando due denari, di contribuire domenica 30 aprile alla scelta del segretario. Mi spiego meglio.
Sarò all’antica, ma io so che ogni associazione legale e democratica di persone, sia essa di carattere sociale, culturale o politica, regola la sua vita associativa e stabilisce l’organigramma della sua direzione con un statuto. Ogni statuto stabilisce in maniera chiara oneri ed onori degli iscritti. Sono loro che, essendo inscritti, quindi condividendo la “mission” dell’associazione e pagando un contributo annuo, sono anche l’elettorato attivo e passivo all’interno della associazione stessa. In poche parole sono gli iscritti che decidono chi deve guidare l’associazione o il partito che sia.
Non si capisce allora perché, per l’elezione del Segretario del Partito Democratico, si deve chiedere il voto alla nazione! La domanda poi nasce spontanea: ma questo sistema garantisce gli iscritti di questo partito o forse apre le porte ad alleanze strane, promuovendo indirettamente un gigantesco scambio di voto? Non s’è certo dimenticato il fatto che alle primarie Pd del 2013 Renzi ha stravinto contro Cuperlo e Civati con lo spudorato appoggio di Berlusconi… Il perché di questa sensibilità democratica del buon Silvio l’abbiamo visto e capito in seguito ed abbiamo caramente pagato anche le conseguenze.
Ora ci propongono lo stesso scenario nel nome della democrazia. Mi dispiace, ma votare non è sempre sinonimo di democrazia, anzi, qualche volta è l’alibi per imboccare vie poco democratiche o riconfermare poteri anti- popolari. Le ultime elezioni in Turchia sono l’esempio eclatante, naturalmente sotto aspetti più drammatici.
Quindi non mi può convincere nessuno della cosiddetta sinistra del “senza se e senza ma” che questa è un’occasione per dare al Pd una veste di sinistra vera, votando Orlando, come non mi può convincere nessuno dei neo- sudisti che, votando Emiliano, ci sarà un riscatto per il sud…
Io non credo a queste favole, o meglio a queste furbizie politiche. A prescindere dal fatto che per principio io non voto perché ritengo che a scegliere il segretario del Pd devono essere gli iscritti del partito. Ma io non voterei questi tre personaggi per valutazioni personali che vanno al di là del principio di voto o non voto.
Io non voto per Renzi non solo per i disastri che ha combinato da premier, presentati da lui come capolavori politici, non solo per lo stravolgimento tentato alla Costituzione con il suo sciagurato referendum; non solo per la sua innata ed insopportabile arroganza, ma soprattutto per il fatto che dopo la clamorosa bocciatura della sua politica personale il 4 dicembre non ha cambiato una virgola della sua visione politica riproponendo, con la stessa arroganza, le stesse cose e rivendicando con la stessa faccia tosta i meriti delle suoi disastri politici presentati ostentatamene come obbiettivi raggiunti di ottima politica!
Io non voto Orlando perché uno che è stato ministro di Renzi per tre anni, condividendo le sue politiche e sottomettendosi alle sue volontà, uno che poi è stato riconfermato da Renzi, perché cosi è stato, di nuovo e tuttora, ministro del governo fotocopia di Gentiloni. Beh! Uno cosi, scusatemi, ma ora non può uscire a sfidare Renzi proponendosi come alternativo! E siccome “’ccà nisciuno è fesso” è ovvio che il buon Orlando in questa fase ha come unica missione il dare un alibi di “democraticità” a queste primarie volute dal “capo”.
Io non voto Emiliano anche se devo ammettere che mi è il più simpatico del trio. Emiliano ha costruito da tempi non sospetti la sua immagine nazionale giocando la carta “anti – Renzi ma non troppo”. Le primarie sono state quindi per lui un’occasione unica per consolidare la sua immagine dell’uomo del sud che vuole cambiare le cose nel partito da sempre egemonizzato dal nord. Emiliano è partito bene indossando i panni del Sandokan terrone ma poi non ha avuto il coraggio di andare fino il fondo. Quindi ha bruciato la sua occasione nel nome della “unità nazionale” del partito di Renzi. Quel partito che era e rimane il partito del nord per non dire il partito contro il sud. Quindi l’unica motivazione di Emiliano a partecipare a questa corsa al secondo incoronamento di Renzi rimane quella messa in giro dai maligni: dopo aver fatto il sindaco di Bari, il presidente della Regione Puglia non gli rimane altro che “sistemarsi” al Senato… pardon, farsi eleggere al Senato. E questo biglietto d’entrata ce l’ha già nel taschino.
Tristezza alternata a rabbia ed apparente rassegnazione. Aspettando le elezioni politiche. Quelle vere.
Ioannis Davilis #demositalia Presidente Comunità Ellenica del Grande Salento