PRI BRINDISI, COTRINO: “RIGENERAZIONE URBANA FONDAMENTALE PER UN PATTO PER LO SVILUPPO”

Di seguito un intervento dell’Ingegnere Mario Cotrino, componente della Direzione Cittadina del PRI, sulla “rigenerazione urbana” quale elemento fondamentale per un Patto per lo sviluppo di Brindisi.

La proposta di un Patto per lo sviluppo di Brindisi di cui si è fatto artefice il Capogruppo in Consiglio Comunale Gabriele ANTONINO, poi fatta propria dalla dirigenza cittadina e provinciale del Partito, può dar luogo ad una stagione di un nuovo protagonismo anche per la rappresentanza professionale della città.

Del resto lo strumento individuato dal nostro Segretario Cittadino Vito BIRGITTA, ossia quello dei programmi di area integrati, prevede un percorso di condivisione ed inclusione sin dalla fase progettuale degli interventi da porre in essere.

Per troppo tempo abbiamo assistito alla “invasione” in questo campo di soggetti estranei al territorio.

Ci auguriamo, pertanto, che la sfida sia colta non solo dalle forze politiche, dalle Associazioni datoriali e dalle Organizzazioni Sindacali, come è avvenuto in passato, ma anche dagli Ordini Professionali ed in particolare da quelli degli Ingegneri e degli Architetti.

E’ bene sottolineare che la Legge Regionale n. 63 del 22 dicembre 2017, che ha introdotto questi importanti strumenti di rilancio del territorio, fa espressamente riferimento anche alle aree urbane che necessitano di interventi di riqualificazione e recupero.

La norma definisce infatti i programmi d’area integrati come “un complesso di interventi che includano anche aree urbane per le quali appaiano necessari interventi rilevanti di riqualificazione o di recupero per la cui realizzazione sia necessaria l’azione coordinata e integrata di soggetti pubblici e privati e l’utilizzo di strumenti finanziari diversificati”.

Quindi non solo interventi di riqualificazione fisica (urbanistica ed edilizia) ma anche di rinascita culturale, sviluppo economico e inclusione sociale.

E’ quell’insieme di interventi che noi tecnici preferiamo definire “rigenerazione urbana”.

Si tratta, allora, di segnare una netta discontinuità rispetto al passato; di evitare il consumo dissennato di suolo attraverso la previsione di nuove zone di espansione; di non utilizzare progetti elaborati nel chiuso di studi professionali non brindisini e calati dall’alto in contesti noti solo superficialmente.

In sostanza si tratta di dar vita ad una pianificazione non solo quantitativa ed astratta, incapace di dare risposte  a bisogni concreti ed alle emergenze sociali, ma a scelte fortemente partecipate, che vedano il concorso di molti degli attori presenti sul territorio.

 

Del resto anche in questo campo Brindisi può vantare una consolidata esperienza.

Intendo riferirmi, in particolare, al Programma di Recupero Urbano del quartiere Sant’Elia (PRU) che vide operare insieme, sulla base di una apposita convenzione, il Comune, lo IACP, l’Arcidiocesi di Brindisi ed un Consorzio di imprenditori privati selezionati a seguito di un bando pubblico e che portò, senza alcuna spesa per l’Amministrazione, alla realizzazione di alloggi, parte dei quali fu ceduto gratuitamente al Comune, di uffici pubblici, oltre al riutilizzo di beni comunali in disuso e addirittura alla costruzione di un edificio di culto.

O, ancora, al Piano Innovativo in Ambito Urbano (PIAU) che avrebbe condotto, se realizzato, alla riqualificazione di intere porzioni del quartiere Commenda ed al riutilizzo di una scuola di proprietà comunale abbandonata per farne una struttura per anziani.

O al Programma Integrato di Riqualificazione (PIRP) del quartiere Paradiso e, da ultimo, il piano di rigenerazione urbana dello stesso quartiere, che stà per vedere la luce potendo far leva su una dotazione finanziaria di circa cinque milioni di euro.

A me sembra che anche porre in essere programmi di rigenerazione urbana potrebbe condurre ad un rilancio economico, culturale e sociale del nostro territorio, contribuendo alla ripresa delle attività edilizie in città, specie ove fossero privilegiati interventi che prevedano:

la partecipazione sociale, perché gli abitanti sono profondi conoscitori dei propri dei luoghi di residenza e potrebbero contribuire, con le loro competenze, alla redazione dei progetti impegnandosi anche a prendersi cura degli spazi pubblici riqualificati;

l’integrazione degli interventi fra operatori pubblici e privati, fra destinazioni residenziali, terziarie e di servizio e fra classi sociali, per favorire la mescolanza di funzioni e popolazioni urbane;

il risanamento ambientale mediante l’adozione di criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico nella esecuzione delle opere edilizie e la previsione di infrastrutture ecologiche.

Quanto alle aree di possibile intervento pensiamo alle periferie degradate ma anche a luoghi centrali: uno per tutti il compendio che vede insieme gli edifici che un tempo ospitavano gli uffici della Agenzia delle Entrate, recentemente transitati nel patrimonio del Comune, ed altri edifici pubblici e privati contigui, che da tempo giacciono in stato di totale abbandono.

Sarebbe, questo, un modo per rilanciare il centro storico, oggi in via di desertificazione, attraverso la creazione di un parco urbano (il vecchio Parco della Rimembranza) ma anche riportando nel cuore della città attività e funzioni che possano aumentarne l’attrattività.

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