Pazienti post CoVid: perché utilizzare gli Ospedali della Provincia e non le strutture alberghiere come al nord?
Nella riorganizzazione dei posti letto ospedalieri in territorio di Brindisi, varata dalla Regione Puglia per far fronte all’emergenza sanitaria per il contagio da CoVid19, ci sarebbero da valutare con attenzione le criticità che potranno emergere dalla scelta di indirizzare i pazienti post CoVid, cioè quei pazienti senza sintomi ma ancora positivi ed ancora potenzialmente capaci di infettare altre persone, negli Ospedali di Comunità di Mesagne, Ceglie Messapica e Fasano nei quali sono stati destinati complessivamente 60 posti letto. Questo in attesa di effettuare su questi pazienti il secondo tampone per accertarne la negatività. In queste strutture c’è la volontà di chiamare medici unicamente a contratto, quindi a tempo determinato. E ciò è giusto. Ma sarebbe opportuno che come requisito sia posta l’esclusività del lavoro in questi Ospedali, altrimenti è forte il rischio che un medico proveniente da un altro tipo di lavoro, nella stessa giornata, possa essere infettato e a sua volta infettare una miriade di altri soggetti. Ma la cosa che fa molto pensare è che in altre parti d’Italia, soprattutto nelle zone nevralgiche del nord, tipo Piemonte o Emilia Romagna, questi pazienti post CoVid siano stati indirizzati verso adeguate strutture alberghiere e seguenti da personale USCA, cioè dall’Unità Speciale di Continuità Assistenziale. Perché non fare la stessa cosa nel nostro territorio? Si eviterebbe in tal modo anche il rischio di incroci tra medici di diverse competenze nei vari corridoi degli ospedali.