PADRI SEPARATI…DAI PROPRI FIGLI: “CRESCI FIGLIO MIO, CRESCI, CHE UN GIORNO PAPA’ TI SPIEGHERA’ TUTTO E TU CAPIRAI”

“Leggo. Ho letto. E quello che ho letto merita un commento. Ho letto la lettera di una figlia disperata e forse troppo giustamente arrabbiata, scritto ospitato da una testata locale, mi dicono. Non è così. Non è sempre così: ci sono anche i padri che vorrebbero fare i padri ma non gli è concesso. E peggio per quei padri e per quei nonni che sanno di esserlo ma fanno finta di non esserlo. Nella vita è sempre una questione di etica, quella vera e mai di quella solo apparente o di presunto e sbandierato perbenismo. Nel silenzio del proprio pensiero ognuno di noi sa sempre chi è stato e chi è e sa se, guardandosi indietro, ha fatto tutto per bene o meno. Ho conosciuto e conosco quella figlia disperata, così disperata anche per colpe sue. E le dico di non disperare: viene sempre il tempo in cui la vita presenta il suo conto e restituisce a ciascuno il proprio riscatto. Non si può vivere tutta una vita facendo finta di essere chi non si è. Ma questo non è rilevante oggi.
Ai padri deve essere consentito di fare i padri, se lo vogliono fare per davvero. Chi sa di esserlo e non lo vuole praticare in nome di un falso perbenismo, beh tanto peggio per lui. A noi resta che tanti papà separati dai loro figli sono mutilati nella gioia della loro “funzione” da madri troppo spesso inconsapevoli del loro ruolo o forse troppo consapevoli dello strumento capitato loro in mano e da leggi barbare e dall’ignavia di chi quelle leggi dovrebbe saper interpretare e far rispettare. Fiumi di inchiostro (inutilmente giudiziario) volti a disciplinare il diritto di visita con e dei figli e nessuno strumento – se non la pena, quello degli assistenti, che nessun padre degno di questo nome sceglierebbe mai per i propri figlioli – davvero utile ed immediato per vincere la riottosa resistenza di mamme che ritengono legittimo, per le più svariate ragioni – anche la sola “vendetta”, purtroppo -, impedire che i loro figli maturino una reale empatia con i rispettivi papà. E però stuoli di “civilisti” – contenitore professionale che personalmente abolirei con legge costituzionale, ma questa è un’altra storia – pronti a notificar precetti natalizi a sventurati papà anche quando tutto depone per l’esatto (e magari anche prontamente comunicato) adempimento dell’obbligazione alimentare, che mi dicono, amici di quella categoria, non essere obbligazione il cui inadempimento possa “compensarsi” con l’inadempimento dell’altra obbligazione, ossia di quella volta a consentire ai papà di godersi in serenità i propri figli. Interpretazione bizantina di leggi barbare già solo per questo, perché invita chi le deve osservare a fregarsene, tanto non accade niente o se accade qualcosa, accade quando è troppo tardi. Ed allora, cosa resta? Resta che presi dallo sconforto di essere abbandonati dalla legge e dagli uomini di legge, anche io uomo di legge, non ti rimane che “pagare” il tuo debito con la vita ed attendere silente (ma fiducioso) che la natura faccia il suo corso: cresci figlio mio, cresci, che un giorno papà ti spiegherà tutto e tu capirai. Tra me e Cosimo, Giancarlo, Guglielmo, Gianluca, Mimmo, Mino, Doretto, Antonio e tutti coloro che come me combattono ogni giorno per voi”.
Orazio Vesco, un padre
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