“Sono trascorsi quasi cinque anni da quel maledetto 24 maggio 2012, e ancora non si vuole mettere fine a questa vergognosa vicenda, nonostante sia evidente l’impegno per la messa in sicurezza dell’Amerigo Vespucci, avvenuta solo dopo la morte di Alessandro!” sono le parole di Marisa Toraldo, la mamma di Alessandro, il nocchiere brindisino caduto dall’albero maestro dell’Amerigo Vespucci in esercitazione e morto a 29 anni per le ferite riportate. La donna combatte la sua battaglia per la giustizia insieme alla sua famiglia, e al Partito per i diritti dei militari e delle forze dell’ordine, che si è costituiti parte civile nell’inchiesta aperta nel 2015 dalla Procura di Civitavecchia, che vede sul banco degli imputati i vertici della Marina militare, il capo di stato maggiore l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi e i suoi predecessori gli ammiragli Luigi Binelli Mantelli e Bruno Branciforte, nonché l’ex comandante della Nave Vespucci, Domenico La Faia e il suo vice, Marco Grassi. Il processo è ancora in corso, l’ultimo atto il 12 dicembre quando sul banco dei testimoni è salito il medico legale facendo importanti dichiarazioni che hanno aperto uno spiragli per la famiglia Nasta.
Secondo la Marina Militare, fu “una tragica fatalità” durante una importante manovra della tradizione marinaresca come aprile le vele a mano, che in “trentanni non aveva mai procurato morti”. Alessandro aveva una imbragatura che però non gli ha consentito di evitare un volo di decine di metri. Ora, però, sono state applicate nuove misure di sicurezza sul Vespucci. “Le predisposizioni per la sicurezza del personale, andavano aggiornate ad arte a suo tempo! Questa immotivata apatia, costata la vita ad Alessandro nell’adeguarsi alle normative per la sicurezza dei nocchieri, dovuta ad uno scarso interesse, non ha nessuna, dico nessuna giustificazione – dice la mamma di Alessandro -. Il Loro pensiero più che ad Alessandro, (una nota dolente che li ha disturbati) probabilmente, è stato rivolto a chi, ha ricordato loro che le norme si rispettano e con la vita dei figli degli altri, che operano su 56 metri, non si gioca! Si sfoggia – racconta indignata la signora Toraldo -, adesso, con estrema disinvoltura e considerevole ritardo, l’attrezzatura aggiornata (anticaduta) conforme da quanto richiesto dalle disposizioni legislative in materia di salute e sicurezza. Può essere che ancora non sia chiaro il concetto che i DPI, esibiti ora, previsti dal D.lgs 81/2008, dovevano essere assegnati già nel 2012.
Non è stata una passeggiata per mio figlio, arrampicarsi su 56 metri sprovvisto di mezzi anticaduta, come si vorrebbe fare intendere!”.
E mercoledì sono 5 anni che Alessandro non c’è più.
Carmen Vesco