Il gip del Tribunale di Brindisi, Vilma Gilli, ha disposto l’archiviazione delle indagini nei confronti di sette persone e due società coinvolte in un filone dell’inchiesta sulla morte di Franco Mastrovito, il 49enne ostunese travolto dal crollo di un solaio durante i lavori di costruzione di un nuovo capannone per una concessionaria d’auto a San Michele Salentino.
Tra le posizione archiviate, su richiesta della stessa procura, quelle del proprietario della concessionaria Andrea Turrisi e della Prefabbricati Pugliesi, la società che aveva fornito le strutture prefabbricate per la costruzione del capannone.
Nel suo decreto di archiviazione la gip non ravvisa alcun profilo di colpa nel committente dell’opera, essendosi limitato a scegliere le ditte apparentemente idonee a effettuare i lavori. Né sono state individuate responsabilità nei tre operai che si occuparono di trasportare e scaricare il calcestruzzo nel cantiere. Accuse archiviate anche per il responsabile tecnico e il direttore di produzione della Prefabbricati Pugliesi che si erano occupati esclusivamente dell’invio dei provini di calcestruzzo da impiegare per i lavori e della fornitura dei materiali.
In quanto alla Prefabbricati Pugliesi e alla Colabenton (ditta fornitrice del calcestruzzo), la giudice rileva che entrambe non emergono profili di responsabilità non riscontrandosi anomalie negli investimenti in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e nell’adozione dei modelli organizzativi e di gestione.
Nell’ordinanza di archiviazione la gip Gilli rileva che le cause dell’incidente mortale sono legate alle fasi di getto del calcestruzzo armato e all’assenza di idonee misure di protezione e non a possibili vizi del materiale utilizzato la cui idoneità non è mai stata messa in discussione.
Nel procedimento giudiziario restano quattro imputati: Domenico Padula, Stefano Barletta e Giuseppe Mazzotta e l’imprenditore Massimo Ferrarese, amministratore unico della Prefabbricati Pugliese, al quale viene contestato il fatto di non essersi recato di persona a verificare la presenza di un “collarino” di collegamento tra un pilastro e il plinto sottostante. Collarino che non era, come rilevato dalla stessa procura, di competenza della Prefabbricati e che è stato realizzato da un’altra impresa. Ma che Ferrarese secondo l’accusa avrebbe dovuto controllare di persona nonostante in ognuno dei cantieri sparsi nella Puglia (con 200 dipendenti) egli abbia un tecnico delegato a effettuare ogni forma di controllo a tutela della qualità del lavoro e della sicurezza di chi opera.