MALTRATTAMENTI, STALKING E VIOLENZE: DIVIETO DI AVVICINAMENTO ALLA EX

 

Di recente, la Squadra Mobile di Brindisi, attraverso i suoi investigatori della specializzata Sezione Reati Contro la Persona, Sessuali e in danno di Minori, ha trattato una delicata vicenda che ha interessato una donna. Quest’ultima sarebbe rimasta vittima di varie condotte di natura violenta e persecutoria riferibili all’ex compagno e convivente che, peraltro, avrebbe attuato anche azioni di tipo predatorio ai danni della malcapitata.

Gli esiti delle condotte indagini e la piena condivisione da parte dell’Autorità Giudiziaria inquirente (la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi) di quanto cristallizzato dagli investigatori hanno permesso all’Autorità di richiedere ed ottenere una misura di natura cautelare utile a scongiurare reiterazioni del reato e a dare una certa ed immediata serenità alla vittima.

In particolare, nei giorni scorsi, il personale della Squadra Mobile brindisina ha rintracciato in città l’ex compagno della donna, provvedendo a notificargli un’ordinanza applicativa della misura cautelare – emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Brindisi su richiesta del P.M. titolare del relativo procedimento – del divieto di avvicinarsi alla vittima del reato ed ai luoghi dalla stessa frequentati, mantenendo una distanza non inferiore ai 300 metri dalla citata persona offesa e dall’abitazione della stessa e con l’ulteriore prescrizione di non comunicare con la donna neppure per il tramite di terze persone.

Circa quest’ultimo tipo di provvedimento cautelare emesso dal G.I.P., e cioè quello del divieto di avvicinamento alla persona offesa dal reato, deve ricordarsi che disciplinato dall’art. 282-ter del codice di procedura penale. Si tratta di una misura coercitiva di non risalente introduzione nel nostro ordinamento (febbraio 2009) che tende ad assicurare alla vittima una tutela tangibile ed immediata da possibili persecuzioni e ritorsioni da parte dell’autore dei reati. Del resto, ove il reo dovesse violare tali divieti ed obblighi, debitamente segnalati all’Autorità Giudiziaria, potrebbe essere passibile di più grave e restrittiva misura cautelare personale.

Nel caso di che trattasi, la sequela di eventi che ha interessato la vittima e le conseguenti condotte assunte dall’ex compagno – ritenuto presunto autore dei fatti cui si è accennato – è stata oggetto di documentazione e ricostruzione da parte degli operatori della Squadra Mobile, venendosi a delineare il ricorrere di varie ipotesi di reato che andrebbero dai maltrattamenti, agli atti persecutori, ad azioni predatorie tipo scippo e/o rapina: fatti verificatisi in Brindisi lo scorso anno.

La conseguente e dovuta segnalazione alla Procura della Repubblica di Brindisi ha poi comportato che la menzionata Autorità Giudiziaria inquirente, dopo aver vagliato le risultanze d’indagine e condiviso il quadro indiziario assunto, si attivasse per l’interruzione di tali comportamenti attraverso la formulazione, al competente Giudice per le Indagini Preliminari, di una richiesta di emissione dei provvedimenti cautelari ritenuti più utili ed adeguati allo scopo.

Il G.I.P., valutato il ricorrere degli indizi in relazione alle violente condotte verso la vittima e ritenute quindi sussistenti le esigenze cautelari, emetteva l’ordinanza di applicazione – a carico dell’individuo cui si è accennato – del divieto di avvicinamento alla persona offesa, mantenendo dalla medesima una distanza non inferiore ai 300 metri.

Peraltro, a carico dell’interessato al sopra indicato provvedimento di natura cautelare del divieto di avvicinamento, pendeva anche un ordine di carcerazione in quanto doveva espiare un residuo di pena di anni 4, mesi 4 e giorni 17 di reclusione per pregressi fatti-reato.

In ragione di ciò, dopo la notifica dei pertinenti atti, l’uomo veniva anche tratto in arresto e, quindi, tradotto presso la locale Casa Circondariale per ivi essere mantenuto a disposizione dell’Autorità Giudiziaria che aveva emesso l’ordine di esecuzione della pena.

 

Le denunce per maltrattamenti, stalking o altre simili condotte violente o persecutorie non sono mai tantissime e ciò per i motivi più svariati: il terrore delle vittime di una ritorsione, preoccupazione di sciogliere un vincolo familiare o relazionale cui si tiene particolarmente nonostante le umiliazioni e le vessazioni patite, timore di perdere i figli e tanto altro. L’assenza di qualificate notizie di reato rende quello della violenza sulle donne un dato incompleto, spesso fuorviante che genera un rilevante “dark number” risultante, per l’appunto, dalla sproporzione tra dato reale del fenomeno ed episodi riportati alle Forze di Polizia ed alle Autorità Giudiziarie.

In questo settore tanto fanno però le unità specializzate della Polizia di Stato che, attraverso operatori qualificati e dotati di particolare sensibilità ed esperienza nel settore, riescono ad affrontare difficili percorsi investigativi fatti di delicati approcci con le vittime che, solo se accolte in un ambiente favorevole, riescono ad aprirsi ed a fornire quei dettagli che, seppur sgradevoli e dolorosi per le stesse interessate, risultano di assoluta rilevanza per le indagini e per la cristallizzazione di quel quadro probatorio assolutamente necessario per determinare un intervento, investigativo e giudiziario, che possa garantire al meglio le persone offese dalla tipologia di reati in argomento.

Lo stesso Capo della Polizia, in una sua ancora attuale direttiva, ha sensibilizzato tutte le articolazioni della Polizia di Stato a porre una maggiore attenzione a tutti quegli indicatori che possono rivelare comportamenti di natura violenta e vessatoria nei confronti di quelle categorie di soggetti rientranti nelle ccdd. fasce deboli proprio per la particolare vulnerabilità che le contraddistingue.

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