Il confronto che si sta per avviare sul Documento Preliminare Programmatico (DPP) ha bisogno di certezze formali, di una partecipazione consapevole e di un dialogo costruttivo in città, evitando sovrapposizioni tra enti e rispettivi strumenti regolatori. E’ il momento di offrire un contributo sereno e noi come associazione Left ci proviamo perché siamo convinti che le città sono di coloro che le vivono, le abitano e le usano. La città è il luogo per eccellenza del “noi”, e quindi della partecipazione.
Si ha l’occasione di ripianificare Brindisi in un momento in cui tutto il pianeta è in fase di reset nel dopo pandemia. Una occasione unica ma del Piano Urbanistico Generale si parla ormai da troppo tempo a tal punto che si è persa la fiducia nella sua utilità e l’interesse per il suo stesso iter di approvazione.
Si sta discutendo a Lecce, a Taranto, a Bari, città in cui si è aperto il confronto sui rispettivi strumenti urbanistici. A Brindisi invece il confronto latita e se possibile si preferisce lo scontro ad ogni costo. L’ attuale amministrazione, verso la quale rimane forte la nostra delusione, aveva promesso tempi diversi ma si è imbattuta in irragionevoli ritardi che danno l’impressione di assistere ad una specie di gioco dell’oca. Ci auguriamo che non si perda altro tempo e che siano rispettati i tempi del cronoprogramma presentato con l’atto di indirizzo che dovrebbero portare a compimento il Piano entro il 2022.
Per una discussione e una definizione del Pug è necessario considerare sia la prospettiva di lungo termine sia quella di breve termine, che non devono essere pensate e impostate in alternativa, ma devono essere tenute assieme, distinguendo nel piano, la parte strutturale da quella programmatica. Il PUG deve essere fondato su una costruzione collettiva di una visione condivisa del futuro del territorio e allo stesso tempo orientato all’azione, cioè basato sulla capacità di rendere praticabili alcune previsioni nel breve e medio termine. Occorre una visione e per costruirla tanta tenacia, pazienza, disponibilità all’ascolto e al confronto.
Se si riesce a condividere una visione di futuro, potrebbe diventare identitaria per la cittadinanza ed ognuno la porterebbe dentro di sé. Ma per una visione condivisa, bisogna capire di più e per capire di più, si ha bisogno di partecipazione (non quella formale e di routine dei soliti noti) ma anche di conoscenza/e. Ne saranno capaci gli attuali amministratori?
Ne fu capace Mennitti, nel 2011, quando il DPP fu approvato coi i voti di maggioranza e opposizione, ma quella consapevolezza e tensione politica che la giunta di allora riuscì a creare si è dispersa o è stata rimossa dagli attuali atteggiamenti. Così come il troppo tempo trascorso ha reso non attuali alcuni suoi contenuti e previsioni. E’ in corso una pandemia che mette in discussione le stesse forme e gli spazi dello stare assieme e dell’uso delle città, bisogna ripensare l’idea di comunità, comprendere quanto e come debba essere fisica e quanto e come digitale. Dal documento preliminare programmatico tutto questo non si evince ed è grave a nostro avviso.
Il compito dell’amministrazione comunale dovrebbe essere quello di offrire alla città non solo un metodo per la partecipazione ma anche la sua visione trasparente per non diventare una sorta di carta assorbente di bisogni, di sistemazioni di incompiute o ancora peggio di fantasiose e irreali proposte che nulla hanno a che fare con l’urbanistica.
Nel programma di questa amministrazione erano contenute già alcune scelte di visione e che furono condivise dalle forze che decisero di stare assieme a sostegno dell’ing. Rossi. Ne ricordiamo alcune:
• Bisogna passare dalle politiche espansive che consumano territorio alle politiche rigenerative per indirizzare e stimolare gli investimenti nei nodi di connessione fisica e nella infrastrutturazione tecnologica e materiale, per sostenere la mobilità collettiva e la nuova mobilità, da quella pedonale a quella ciclabile.
• La città del futuro dovrà essere sempre più ecosostenibile, intelligente, motore autonomo di una nuova economia e di nuove opportunità, di nuova edilizia che non dovrà più pensare a consumare suolo e terreno agricolo. Ma la progettazione della città, anche deve misurarsi con la partecipazione che non può essere soltanto metodo, ma anche corresponsabilizzazione sulle scelte e delle scelte.
• Le città sono il luogo per eccellenza del “noi”, dell’agire comune. Un progetto urbanistico è sostenibile solo se si realizza in un pubblico confronto, utile a stabilire in modo condiviso gli obiettivi, le misure e le strategie da adottare. Bisogna andare oltre le stesse procedure fin qui praticate per coinvolgere seriamente e responsabilmente associazioni, quartieri, luoghi, interessi legittimi, per costruire nuove idee e nuovi progetti di città, di vita comune, di spazi necessari a nuovi stili di vita.
Il PUG di Brindisi è chiamato, come si dice nel documento preliminare, a fare scelte per i prossimi 20/30 anni. Non è per noi e non è per coloro che sperano al ripristino di vecchie logiche e di costituiti o costituendi interessi. Chi pensa a nuove forme di speculazioni edilizie sulla costa o sulle aree che circondano la città deve essere tenuto alla larga!
Bisogna valorizzare e migliorare, riqualificare, ricucire il già costruito, rendere vivibile e sostenibile la città attraverso una nuova mobilità, l’uso diffuso di mezzi pubblici anche con il ricorso alle biciclette e alle aree pedonali, attraverso un’efficienza energetica e l’utilizzo di energia rinnovabile per l’autoconsumo.
Tutto questo ha urgenza di essere pianificato e condiviso! In tema di mobilità per esempio, non si può ancora procedere a tentoni cercando di accaparrarsi finanziamenti per questa o quella ciclabile se non si ha un piano generale.
E’ stata fatta una gara a settembre per la selezione dei progettisti per il Piano di Mobilità Sostenibile, ma non si sa che fine abbia fatto come tante, troppe incompiute di questa amministrazione.
Bisogna portare il verde in città e costruirci attorno una nuova idea di comunità e di identità. Gli esempi virtuosi su cui questa città ha lavorato in questi anni possono aiutarci. Il riferimento è al Parco del Cillarese, al Parco Di Giulio, al recupero di viale regina Margherita ad uso pedonale, al recupero e rifunzionalizzazione di via del Mare.
Così come decisiva può essere la riscoperta da parte della città dell’agricoltura, del suo agro e delle sue potenzialità verdi e produttive, dei suoi prodotti e del suo paesaggio.
Liberare la città significa, però, fare scelte coraggiose, a partire da alcuni asservimenti industriali e militari. La chiusura definitiva della centrale di Brindisi Nord e il recupero della sua area è, per esempio, una scelta ineliminabile e irreversibile per qualsiasi strategia per il futuro della città. Bisogna destinare quell’area al porto, alla logistica, a interventi leggeri di economia verde e sostenibile. Bisogna ridare alla città quell’area per meglio utilizzarla valorizzando le stesse aree limitrofe e prospicienti come il castello a mare.
Bisogna, inoltre, utilizzare le infrastrutture cittadine (porto e aereoporto) migliorandone l’interconnessione e fruizione per Brindisi e per il Salento. Un nuovo rapporto con Lecce è necessario anche dal punto di vista infrastrutturale. Lecce e Brindisi non solo possono ma devono diventare poli di uno sviluppo integrato. Il porto, l’aeroporto, la storia, la cultura possono unire sempre di più questi territori anche ricorrendo ad una nuova strumentazione strategica, utile, tra l’altro, per un diverso uso dei prossimi e potenziali fondi europei e nazionali. Anche a Lecce è avviato l’iter per il Pug. Quale migliore occasione per un confronto tra le due città sul loro futuro e sulla loro interconnessione.
Queste scelte presupporrebbero un ruolo forte e autorevole del governo della città, al servizio della comunità e non un livello politico amministrativo che si caratterizza, sempre più privo di visione, come gruppo di potere, autoreferenziale, supponente e incapace di dialogo.
Il coordinamento cittadino
Brindisi Left