Le mogli, le compagne, le mamme del San Marco, angeli silenziosi, depositarie di preoccupazioni e timori, guerriere al fianco di mariti impegnati in missioni a volte lunghe mesi. Eppure queste donne sono la vera forza dei militari. Nelle loro lunghe solitudini sono disposte, silenziosamente, a guidare i figli, reggere il peso della lontananza, occuparsi della casa, delle incombenze quotidiane senza mai far trasparire sui loro volti la stanchezza o la paura. Tutti gli uomini del San Marco vivono con la consapevolezza di poter tornare a casa dopo una missione, dopo una giornata lavorativa sapendo che ci sarà sempre una donna ad accoglierli. La lontananza ai nostri giorni è resa meno pesante da telefoni, collegamenti skype, ma trent’anni fa non era così. Lo sa bene Giulia Cesaria Maltinti che ha vissuto le missioni di suo marito con l’ansia quotidiana, nell’attesa di una lettera che impiegava giorni ad arrivare quando ormai le notizie contenute in quelle righe erano già roba vecchia. Eppure Giulia e le altre donne del San Marco riescono a scovare sempre un escamotage.
Le angosce di Giulia che poi sono quelle di tante altre donne sono racchiuse nel suo libro: “Nella tempesta…la quotidianità”.
“Ho voluto raccontare – ci racconta – l’esperienza di due vite parallele, intersecanti tra loro, esperienze singolari e distinte. L’apparente quotidianità di chi resta a casa ad attendere, contrapposta alla dura realtà di una guerra vissuta dal proprio compagno”.
Era il 1982 quando gli uomini del San Marco furono chiamati a partire per la missione “Libano 2”, la prima missione di pace in una zona di guerra dopo la seconda guerra mondiale. La partenza fu comunicata, come spesso avviene, solo qualche ora prima ed in men che non si dica zaini pronti e via, lasciando giovanissime mogli e compagne, figli piccoli, mamme preoccupate, senza neanche il tempo di realizzare cosa stesse accadendo. Dalla partenza al primo contatto telefonico, passò un mese. Le poche notizie arrivavano per bocca dell’Ammiraglio. Ogni mercoledì arrivava un aereo dal Libano che trasportava anche lettere in arrivo e in partenza.
Dai sentimenti iniziali di rabbia, per un distacco forzato e inatteso, le donne hanno imparato ad essere forti, a crescere i figli da sole, ad assumersi da sole le responsabilità e il peso delle piccole grandi incombenze quotidiane. “Virgole – come dice Giulia – che danno un senso ad una vita spesso complessa ed incomprensibile”.
Donne di ieri che danno forza, coraggio ed esempio alle donne di oggi, per alcuni versi più fortunate. Le lunghe distanze e le attese non sono così pesanti come trent’anni fa senza telefoni, ora si vive di virtuale, il contatto umano è ridotto ai minimi termini. Basta un click per sentirsi vicine ai mariti e alle compagne di viaggio. Ma un vantaggio le donne di trent’anni fa ce l’avevano, la magia di un abbraccio non virtuale, l’amica che asciuga una lacrima, la forza di una rapporto umano che ora è vivo anche nei figli e nei nipoti di quei militari e delle loro compagne. Storie di ieri e di oggi che hanno un unico filo conduttore: l’amore che lega due persone tra di loro è lo stesso che le lega alla famiglia del San Marco.
“La mia storia, dice ancora Giulia – è dedicata alle mie amiche più giovani, che stanno intraprendendo lo stesso percorso e alle quali dico di non mollare, perché siamo forti e se non lo siamo, lo diventiamo”.
Tiziana Piliego