La crisi si consuma tra “metodi” falliti e un cluster marittimo a pezzi…

Brindisi sta vivendo una fase della sua storia recente incredibilmente complessa, caratterizzata da enormi difficoltà e da una crisi economica ed occupazionale che nessuno avrebbe potuto immaginare in queste proporzioni.

Il dato che provoca non poca amarezza, però, è che qualcosa si sarebbe potuto prevedere, tanto più perché gli annunci riguardanti l’avvio (e la conclusione a fine 2025) della fase di decarbonizzazione erano stati tanti e da parte di interlocutori qualificati.

A Brindisi, quindi, ci si sarebbe dovuti interrogare sul dopo-Centrale, individuando settori su cui puntare per non subire i contraccolpi della crisi. E invece si è cincischiato a lungo, forse nella speranza che l’impianto di Cerano alla fine non avrebbe chiuso i battenti per le esigenze internazionali.

I gruppi della “Federico II”, però, sono fermi ormai da mesi e tante aziende dell’indotto hanno chiuso i battenti, con conseguenze drammatiche sul piano imprenditoriale e occupazionale.

Da un lato si è fatto di tutto per far naufragare il “Metodo Brindisi”. Si trattava di un semplice tavolo di concertazione in cui le associazioni di categoria e i sindacati avrebbero dovuto stilare un elenco di cose non divisive su cui puntare per un rilancio delle politiche industriali. Si è preferito, però, far crollare tutto nel dimenticatoio, proseguendo le trattative con possibili investitori attraverso l’utilizzo del sistema “condivisione pari a zero”. Il tutto, mentre come giustificazione (buona per tutte le stagioni) si è sbandierato un “no a tutto” che qualche danno lo ha certamente provocato, ma che non può essere definita la causa dell’attuale sfacelo. Allo stesso tempo, si è fatto abbondante uso (anche in questi giorni) di medicine palliative per attenuare il dolore di un futuro a tinte sempre più fosche. Ci riferiamo ad annunci fantasmagorici su grandi investitori o eventi di levatura mondiale pronti a sbarcare a Brindisi.

E il dato purtroppo non cambia se parliamo di porto. In questi giorni si sono svegliati in tanti in quell’ambiente sotto l’effetto pruriginoso di poter dire la propria sulla scelta del prossimo presidente dell’Autorità di Sistema Portuale. Sarebbe stato bello “fare squadra” almeno in questo, suggerendo al Ministro Salvini i criteri per la scelta e invece in ordine sparso siamo stati capaci solo di sventolare – insieme ad altre poche cose – l’ormai patetica “brindisinità” come unico fattore di interesse. Del resto, non è un mistero che il porto sia un altro teatro in cui vanno in scena divisioni, peraltro neanche giustificate da spartizioni di commesse, visto che pure in questo il futuro appare particolarmente preoccupante. Ecco perché se ancora esiste qualcuno dotato di coraggio e lungimiranza batta un colpo, adesso!

Mi.Co.

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