Brindisi potrebbe trovarsi nelle condizioni di non dover affrontare in tutta fretta le scelte legate alla transizione energetica. Allo stato attuale, infatti, la centrale dell’Enel di Cerano chiuderà definitivamente il proprio ciclo produttivo alla data del 31 dicembre di quest’anno. Stiamo parlando, cioè, del termine ultimo previsto dal Governo nazionale per concludere il processo di de carbonizzazione. Una sorta di formalità, visto che ormai quella centrale non produce energia da mesi e mesi.
Ma gli scenari internazionali di guerra ed i punti interrogativi generati dalla politica dei dazi impongono anche al nostro paese di non compiere scelte affrettate che potrebbero creare danni gravissimi all’economia nazionale.
Del resto, la Germania ha già spostato il termine del “phase out” degli impianti a carbone dal 2025 al 2030 ed anche la Spagna sta discutendo se valutare questa ipotesi.
Nei giorni scorsi sull’argomento si è dichiarata possibilista la Cisl, mentre il sindaco Marchionna non ha chiuso le porte ad una tale eventualità.
Certo, sarebbe comunque un impianto da tenere in riserva e quindi i costi dovrebbero ricadere sulle casse dello Stato e non direttamente dell’Enel, ma per Brindisi si potrebbe trasformare in una boccata di ossigeno perché darebbe respiro per un altro quinquennio all’indotto della centrale, ponendo in salvo centinaia di posti di lavoro.
Si tratta, a questo punto, di capire realmente quali sono le intenzioni del Governo e non solo attraverso le dichiarazioni di qualche ministro, ma con atti concreti che non devono lasciare dubbi ad interpretazioni. Perché la partita in gioco, soprattutto per Brindisi, è davvero molto alta.