Speriamo che non succeda, ma ci sono tutti i presupposti perché l’ospedale Perrino di Brindisi si trasformi nel più preoccupante focolaio di covid-19 della Puglia. Ieri è stato necessario chiudere il reparto di Pneumologia, mentre oggi si sta cercando una sistemazione ai sei pazienti presenti in corsia prima di chiudere anche il reparto di Chirurgia, il cui primario Giuseppe Manca è ricoverato nel reparto Infettivi con una brutta bronco-polmonite da coronavirus. Ai contagiati ufficiali (tra medici, infermieri, personale ausiliario e addetti al servizio mensa) si aggiungono i tanti dipendenti che chiedono disperatamente da giorni di essere sottoposti ad un tampone, anche se nessuno li ascolta. Del resto, chi conosce alla perfezione la struttura del Perrino urla da giorni che non si sarebbe mai dovuto realizzare un ospedale “covid” in quel nosocomio. Troppi ingressi, nessuna separazione reale tra reparti e quindi pazienti e visitatori che possono gironzolare da una parte all’altra. Ed è così che dai reparti covid è partito il virus che ha coinvolto anche operatori e pazienti di reparti no-covid, con la conseguenza che oggi quella del Perrino è una bomba ad orologeria. Ma c’è un aspetto ancora più grave: mentre in tutto il resto della Puglia oltre un mese e mezzo fa sono stati attrezzati laboratori efficienti ed in grado di analizzare centinaia di tamponi, in provincia di Brindisi si è deciso di continuare a dormire. La conseguenza è che i nostri tamponi sono stati spediti prima a Lecce, poi a Bari, a Foggia e a Barletta, con la conseguenza che i risultati a volte si sono smarriti e la gente è rimasta invano in attesa dell’esito. I più fortunati hanno saputo se erano o meno positivi al virus solo dopo una decina di giorni, magari dopo aver contagiato tante persone. Alcuni giorni fa qualcuno avrà avuto qualche scrupolo di coscienza e quindi finalmente si è messo mano ad un laboratorio “tutto nostro”. Lo hanno realizzato nel Di Summa, ma sappiamo già che comunque disponiamo di tamponi e reagenti insufficienti. E si è perso tanto tempo prezioso anche per attivare le convenzioni con i laboratori privati (attualmente è stato interessato solo Mardighian, mentre Apulia Diagnostic continua inutilmente ad offrire la propria disponibilità). E vogliamo parlare della nuova terapia intensiva? L’annuncio fu fatto il 17 marzo e doveva essere pronto in una settimana. Adesso sappiamo che se ne parlerà il 10 aprile, sempre se non ci saranno altri rinvii. Nel frattempo, la gente della provincia di Brindisi deve pregare e sperare di non ammalarsi di covid, di non avere una crisi cardiaca, di non fratturarsi un dito. Insomma, sulla sanità pubblica di una provincia bistrattata come quella di Brindisi è meglio non fare affidamento. Ci sono evidenti responsabilità del Dipartimento regionale della salute ed anche dell’Asl, soprattutto perché qualcuno avrebbe dovuto urlare a Bari che esistiamo anche noi e che abbiamo gli stessi diritti degli altri a ricevere le cure per salvarci la pelle.
Mimmo Consales