La notte tra l’8 e il 9 novembre del 2003 Giovanni Antonino, allora sindaco di Brindisi, viene arrestato insieme ai suoi assessori e altri consiglieri comunali con l’accusa di corruzione, concussione e truffa. Da allora sono passati 13 anni. Anni in cui ha continuato ad avere a che fare gli strascichi dell’inchiesta per cui lui allora decise, dopo le dimissioni da amministratore pubblico e tre arresti, di patteggiare. Ieri la notifica della chiusura di un’inchiesta pendente su una azienda di impianti fotovoltaici a San Donaci in cui non risultava il suo nome e per la quale non ha avuto bisogno di attività difensiva, ma su di lui, che per l’azienda era un dipendente, e sul ruolo professionale che svolgeva per questa azienda, le attenzioni degli investigatori. Il sospetto era che attraverso le commissioni all’estero per gruppi stranieri rientrassero in Italia soldi nascosti provento degli illeciti di cui era stato accusato durante la sua esperienza amministrativa per il Comune di Brindisi. “L’azienda che si occupava di fonti rinnovabili lavorava con diversi gruppi stranieri, e io allora svolgevo la mia professione come dipendente per questa azienda. SI ipotizzò che questi gruppi stranieri fossero fittizi e che fosse tutto finalizzato a far rientrare un mio presunto “tesoretto” in Italia – racconta lo stesso Antonino -. Si sospettava di riciclaggio”: Al termine delle attività di investigazione relative alle indagini preliminari il P.M. Giuseppe De Nozza ha ritenuto non fondata la notizia di reato e ha richiesto al Gip competente l’archiviazione del caso. “Non la ritengo una vittoria perché ho sempre saputo che non avevo bisogno di difendermi anche da questo, ma di fatto oggi sono libero da qualsiasi pendenza di giudizio. E anche se è finito un incubo dopo 13 anni le ferite non si rimargineranno mai, così come le macchie sulla mia persona. Sono stato condannato per danno d’immagine alla mia città e dalla Corte dei Conti a pagare più di 2 milioni di euro”. Giovanni Antonino allora scelse di patteggiare, fu l’unico. “Quando si sceglie di patteggiare per tutti è come dichiararsi colpevoli. Nessun altro coinvolto nell’inchiesta lo ha fatto, ma io non ce la facevo più e dopo la terza misura cautelare sono crollato e, nonostante il parere contrario dei miei legali, ho scelto una linea difensiva che nessuno che mi conosce e sa la verità dei fatti ha capito. Ero troppo stanco” ricorda l’ex sindaco come se fosse ieri. E alla domanda “Rifarebbe le stesse scelte?” risponde senza esitazione: “Sono innamorato della mia città e dell’amministrazione che dovrebbe avere, ma non è possibile fare del bene a Brindisi, e poi credo di essere un pessimo politico”.