La violenza criminale imperversa: sparatorie tra giovani delinquenti al centro e nei quartieri periferici di Brindisi, rapine in centri commerciali (Ipercoop e Conad), furti, atti teppistici e da ultimo l’assalto a un tir carico di tabacchi sulla strada statale 379 nei pressi di Torre Canne. La situazione è grave e, pur riconoscendo il meritorio impegno delle forze dell’ordine e alcuni positivi risultati da esse ottenuti, dobbiamo dire che quanto si sta facendo non basta perché, come i fatti dimostrano, le misure adottate risultano insufficienti a causa della limitata disponibilità di uomini e mezzi.
Il fatto è che gli atti di illegalità e violenza nel territorio di Brindisi sono il risultato di una perversa miscela di delinquenza comune e di comportamenti corruttivi, di criminalità organizzata e di criminalità parcellizzata ed episodica. Fattori che in qualche modo si saldano e danno luogo a una cultura delinquenziale diventata un fenomeno cronico che va contrastato con misure permanenti di controllo del territorio e con l’intensificazione dei servizi informativi. A fronte di tale situazione ogni distinzione fra sicurezza reale e percepita lascia il tempo che trova così come si rivelano inefficaci le pur utili, nell’immediato, intensificazioni dei pattugliamenti e dei servizi di vigilanza a seguito di atti criminali particolarmente eclatanti.
Se la criminalità a Brindisi è un fenomeno cronico di lunga durata, permanente dovrebbe essere il potenziamento dei pattugliamenti e dei controlli, e l’istituzione di punti di vigilanza nei quartieri. Ci auguriamo perciò che questo obiettivo sia nei fatti perseguito con le misure decise nel corso dell’ultima riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica svoltasi di recente nella Prefettura di Brindisi.
Ma è evidente che le misure di prevenzione e di repressione della criminalità sono destinate a non avere il successo sperato se non trovano nelle istituzioni e nella politica il conforto di un progetto rivolto a rimuovere o almeno a ridurre le cause sociali che costituiscono il terreno di coltura del grave fenomeno.
Facciamo allora appello, insieme alla politica nazionale, anche alla politica locale perché nel suo complesso, senza distinzioni tra maggioranza e opposizione e dentro e fuori le istituzioni territoriali si dimostri in grado di elaborare un progetto che contrasti il fenomeno criminoso promuovendo una cultura della legalità all’insegna della lotta contro le disuguaglianze, che combatta tutte le povertà e che favorisca l’occupazione specialmente giovanile. E non si dica che queste sollecitazioni non tengono conto della realtà perché l’ordinamento riconosce e attribuisce alla politica locale spazi e mezzi d’intervento certamente limitati ma di non trascurabile entità.