D’APRILE – QUALCUNO DOVRA’ SPIEGARE PERCHE’ IL NOSTRO PORTO HA FATTO QUESTA FINE…

Ecco la nota di Francesco D’Aprile:

Nuovi accosti a Sant’Apollinare, nelle immediate vicinanze dell’area archeologica di Punta delle Terrare, dragaggio dei fondali e una vasca di colmata per contenerne i sedimenti da realizzare tra il pontile di Versalis e lo sporgente di Costa Morena est. Queste sono le opere per le quali è stato chiamato a pronunciarsi il Consiglio Comunale di Brindisi che, in una seduta monotematica tenutasi l’8 Aprile scorso, con i voti di maggioranza e opposizione  ha approvato, o meglio, ha espresso parere favorevole alla loro realizzazione. Tale decisione è stata motivata dal fatto che le opere in trattazione, se portate a compimento, possono dare una consistente, positiva svolta verso uno sviluppo del porto e quindi della intera città.

Al di la di sterili, postumi comunicati stampa, al di la di inutili e futili discussioni postate senza vincoli e in tutta libertà sul web nei giorni successivi ad opera di vari gruppi e partiti politici presenti in consiglio, i cui contenuti sono sembrati più una sorta di rivisitazione dei concetti espressi artatamente in maniera ambigua nel corso dell’assise civica, ancorché rappresentati, in alcuni casi, verosimilmente per il solo scopo di rifarsi una verginità oppositiva, quello che è realmente emerso nei lavori del consiglio comunale è la ferma volontà di tutti di “accondiscendere” alle attuali esigenze (?) dell’AdSP, condivise appieno, almeno così è sembrato di capire, vista la mancanza di una pur minima contestazione, anche dai tanti operatori e dipendenti portuali presenti tra il pubblico ai lavori consiliari.

Il tutto in assenza di valido contraddittorio rispetto alla reale necessità delle opere in discussione, opportunamente espresso, come la fattispecie avrebbe richiesto, da professionalità capaci di tutelare gli interessi di tutta la collettività, ivi compresi, ovviamente, quelli di tutti gli operatori del porto.

La storia, quindi, sembra ripetersi. All’infinito.

Brindisi, ancora una volta, mette “pezze” a quelle che sono fatte sembrare necessità imprescindibili. In effetti, determinare una rinuncia alla esecuzione dei lavori in trattazione, così come sono state poste all’attenzione dell’opinione pubblica, ancorché ai relativi finanziamenti, apparirebbe una decisione del tutto autolesionistica.

Ma così non è, perché perseverare nell’adozione delle stesse metodologie interventistiche discontinue, disomogenee che hanno portato il porto di Brindisi a vivere una crisi così profonda come quella in corso, appare veramente diabolico.  E quel che meraviglia è la constatazione della mancanza di una netta presa di posizione critica al riguardo da parte di taluni personaggi che, facenti parte a vario titolo dell’establishment politico cittadino, per le loro pluridecennali esperienze, sono  ben consapevoli che gli interventi a macchia di leopardo sono indiscutibilmente poco produttive, se non proprio inefficaci per il raggiungimento degli auspicati risultati.

Le modifiche strutturali in ambito portuale poste in essere nel tempo, hanno avuto la loro genesi sempre attraverso l’adozione di “varianti” e, in alcuni casi, di “varianti alle varianti” al piano regolatore vigente, soddisfacendo verosimilmente di volta in volta le esigenze del momento. In alcuni casi addirittura varianti mai eseguite, come per esempio lo spostamento dei serbatoi di combustibile dal seno di levante a Capo Bianco o la costruzione di nuovi varchi sulla diga di Bocche di Puglia.

La domanda, quindi, nasce spontanea: perche nel corso dei lavori dell’ultimo consiglio comunale monotematico non è stata data da parte di alcuno la dovuta importanza all’improcrastinabilità, all’ineludibilità dell’adozione di un nuovo piano regolatore del porto ( da preordinarsi seguendo linee progettuali assolutamente compatibili con il redigendo piano urbanistico generale! ) in considerazione del fatto che quello ancora in vigore risale addirittura al 1975?

Prima, quindi, di dare corso a nuovi interventi strutturali, sarebbe auspicabile avere una esatta conoscenza di cosa si farà del nostro porto, quali traffici interesseranno il nostro scalo e via discorrendo. Un definitivo strumento di pianificazione del porto consentirebbe di conoscere il futuro di aree attualmente diversamente utilizzate ( Marina Militare, cantieristica, stazione rimorchiatori), la destinazione d’uso del porto interno, la destinazione d’uso delle banchine del porto medio e del porto esterno, quali banchine destinare al terminal di scarico di GNL dalle navi metaniere, la retroportualità e il terminal passeggeri.

 

Le attività portuali per svariate motivazioni, non ultima quella relativa al galoppante progresso tecnologico,  hanno avuto nel corso degli anni una evoluzione tale da richiedere l’attuazione di efficaci ed efficienti adeguamenti strutturali ed organizzativi capaci di dare risposte concrete a tali sviluppi evolutivi. Moltissimi porti, la cui oculata gestione ha avuto la lungimiranza di precorrere tali complessi cambiamenti, si sono attivati al punto tale da essere via, via preparati ad affrontare tutte le grandi sfide poste dai processi sopra cennati.

Se dai numeri degli anni “ 90” ( più di un milione di passeggeri in transito nel 1996, con punte di oltre trenta navi al giorno in arrivo e partenza! ) che fecero del porto di Brindisi una “struttura da record”, si è passati ai numeri irrilevanti dei nostri giorni, le responsabilità di carattere gestionale e politico sono talmente evidenti da considerarle un’ovvietà.

Apparati politici, apparati burocratici, Autorità Portuale o “pozzo di san Patrizio” che dir si voglia (i cui Presidenti, succedutisi nel tempo, per carità di patria evito di nominare),hanno contribuito in maniera massiva, determinante allo sfascio di un porto che, per le sue naturali caratteristiche, più uniche che rare, per la sua storia millenaria, potrebbe e dovrebbe essere considerato il più sicuro, quello meglio predisposto ad intrattenere traffici con i paesi dell’intero Mediterraneo.

Purtroppo per tutti, elementi degli apparati prima richiamati, nonostante tutto, continuano imperterriti ancora a pontificare, pretendendo, con la impudente sicumera che li contraddistingue, di dettare linee programmatiche, interventiste delle quali sia il porto, ancorché l’intera città può farne volentieri a meno.

Questo segmento improduttivo e deleterio del nostro milieu cittadino dovrà spiegare i motivi per cui il porto di Brindisi, annesso e non accorpato a quello di Bari a seguito di inconfessabili, diaboliche operazioni politiche, da “struttura da record” sia potuto diventare un semplice molo di accosto per qualche carbonifera o per qualche piccolo traghetto.

Con fiducia attendo convincenti risposte.

 

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