Distrazione di massa!
Possiamo considerarlo tale questo periodo di piena estate caratterizzato da un caldo afoso senza precedenti?
Credo debba essere ritenuto tale visto che, almeno all’apparenza, i tanti problemi che assillano la collettività sembrano siano caduti nella dimenticanza generale. “Passa la nave mia colma di oblio” recita il Petrarca in un suo famosissimo sonetto, col quale il poeta stesso si identifica con una nave in balia della tempesta, senza un nocchiero sufficientemente abile ed addirittura nemico e, quindi, infido.
Tematiche di importanza mondiale, ma radicati e verosimilmente determinanti per lo sviluppo socio economico del nostro paese, come pandemia, emergenza clima, povertà in continuo aumento, sembrano siano al momento stati riposti nel dimenticatoio comune. Neanche sfiorate le minuzie, si fa per dire, nostrane come le problematiche che afferiscono al lavoro, alla sanità, ai servizi sociali, alla giustizia e via discorrendo.
Mentre per un certo periodo politico tale azione fu scientemente adottata quale arma per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da situazioni scomode e aprire nuovi fronti di interesse più gestibili mediaticamente, in questo momento sembra invece che tale diversivo, identificabile con il tanto agognato periodo di ferie, sia stato adottato per volontà dell’……inconscio.
In effetti, dopo quasi un anno e mezzo di restrizioni, divieti, paure che hanno pesantemente condizionato la vita di ognuno di noi si è avvertita e si avverte l’intima necessità di vivere con le libertà perdute, di rincorrere sogni e speranze.
In poche parole di sperare in un futuro.
Da qui la supposta liceità del comportamento vacanziero in atto.
Ma tutto ha un inizio e tutto ha una fine.
Presto, in effetti, si ritornerà a guardare in faccia la realtà con tutte le problematiche ad essa connesse che, per essere affrontate, hanno necessità di serenità, punti di riferimento e programmazioni ben definite.
Le vicissitudini politiche a livello nazionale, ondivaghe, piene di palesi insicurezze, rappresentate da incoerenti atteggiamenti, tesi piuttosto al conseguimento di un consenso elettorale che al raggiungimento di una efficacia ed efficiente azione sociale, non fanno ben sperare di poter vivere il difficile periodo che ci attende con la dovuta serenità e speranza.
E questo stato di cose non può che avere un sonoro riverbero in sede locale, ove la situazione appare maggiormente più critica per le note, ataviche vicende economiche e sociali che relegano Brindisi nella parte più bassa di tutte le classifiche che misurano la qualità della vita delle città italiane.
Appare fin troppo superfluo ribadire le tante criticità che continuano ad appesantire la precaria condizione socio/economica che caratterizza la nostra città, incredibilmente ritenuta oramai da molti quasi ineludibile, ma ritengo invece doveroso, opportuno, addirittura indispensabile rappresentare ancora una volta che Brindisi, nonostante tutto, ha ancora innumerevoli potenzialità quasi del tutto inespresse anche a causa di scelte politiche condizionate da “suggerimenti” dei vari potentati di turno (turno che, però, è stato sempre il loro!) utili solo a continuare a coltivare i propri orti o, meglio, i propri latifondi, sia terrestri che marini, soffocando, in tal guisa, ogni forma di crescita economica.
Tale metodo interventistico, che oserei definire “economia delle élite” e che si è rivelato palesemente autolesionistico per tutto il nostro territorio, ha determinato la decadenza del porto, dell’aeroporto, dell’intero indotto del sistema industriale e finanche di ciò che è rimasto dell’attività agricola.
Ora bisogna con assoluta urgenza agire ed invertire la rotta.
La politica, la nostra politica, a cui è affidato il delicato compito di dettare il ritmo del rilancio dell’economia brindisina, deve “finalmente” pianificare e programmare gli interventi tesi a stabilire quali settori sono da difendere, da promuovere, da consolidare, senza, però, iterare nell’errore di partire dall’esistente, considerato sempre, non a giusta ragione, come un dato immutabile, frutto di una visione deterministica dei processi storici che hanno portato a ciò che oggi abbiamo davanti ai nostri occhi.
E con ciò non si vuole soltanto polemizzare con la pur evidente, continua difesa delle rendite o delle varie posizioni dominanti e neppure discutere di attività, assolutamente lecite e legittime, di lobbying; ciò che conta ed interessa è come non perdere ciò che si guadagnato, come conservarlo e come farlo crescere non con un approccio statico, per il quale ciò che conta è sostanzialmente un incremento del presente, ma con un approccio dinamico, per il quale invece il criterio guida sia una spinta ideale, che dia forma alla realtà, sia essa economica o sociale, o entrambe.
E tanto può essere pazientemente ottenuto solo navigando a bordo di una nave che abbia un nocchiere capace di mantenere una rotta, riuscendo a mantenerla stabile anche nel corso delle violente perturbazioni che caratterizzano la nostra quotidianità, sia essa sociale, politica, economica, ancorché culturale.
Rimbocchiamoci, quindi, tutti quanti, nessuno escluso, le cosiddette maniche, affinché si possa contribuire ad un vero rilancio del nostro territorio, evitando di continuare ad asserire che l’erba del vicino è, comunque, sempre più bella.
Francesco DAprile