Crisi industriale – Gli errori imperdonabili che pagheremo a caro prezzo…

Su Giorgia Meloni si può affermare di tutto e si possono ovviamente avere idee totalmente differenti, ma non si può non riconoscerle la capacità di interpretare – su alcune vicende di fondamentale rilevanza per il paese – il “sentiment” degli italiani. Una di queste riguarda da vicino la nostra città. Il riferimento è al piano di transizione energetica voluto da Von der Leyen ed alla necessità di rivedere complessivamente tempi e contenuti del Green Deal. Lo ha detto a chiare lettere la premier nel corso del suo intervento nell’assemblea nazionale di Confindustria e dopo una relazione chiara e coraggiosa del presidente degli industriali Emanuele Orsini. “Il Green Deal è impregnato di troppi errori – ha detto alla platea Orsini – la decarbonizzazione inseguita al prezzo della deindustrializzazione è una ‘debacle’”.

Insomma, è come se si parlasse proprio di Brindisi dove la chiusura della centrale Federico II sta determinando conseguenze gravissime che anche Confindustria locale, attraverso il suo presidente Lippolis, ha incredibilmente sottovalutato, tra cose dette e poi dimenticate. E’ il caso di ricordare, ad esempio, un articolo del Quotidiano di Puglia del 28 agosto 2021 quando si sarebbe dovuto guardare al 2025 con timore e con l’urgenza di individuare soluzioni economiche ed occupazionali alternative e quando cominciavano a trasparire i primi segnali di disimpegno dell’Enel.

E invece Lippolis dichiarò proprio al Quotidiano che “i timori di un disimpegno del nostro associato gruppo Enel sono privi di fondamento”, anche alla luce di un “piano di investimenti previsto per Brindisi che accompagnerà la transizione energetica”.

E’ inutile dire ciò che è avvenuto dopo quelle “promesse” visto che Enel ha chiaramente detto di non volerne più sapere di Brindisi ed ha addirittura anticipato i tempi di dismissione della centrale di Cerano.

E cose molto simili riferite agli impegni dell’Enel Lippolis le ha dette anche nel marzo del 2023 alla presenza del presidente Bonomi e nel corso dell’assemblea pubblica di Confindustria.

Ma oggi (vedi Quotidiano di Puglia di sabato scorso) il presidente degli industriali brindisini parla di “un’industria importante come quella del turismo e di altri investimenti”.

E poi prosegue lanciando bordate sugli “investimenti impattanti come Enel e Petrolchimico” e di un futuro che sarà fatto tutto di “piccoli investimenti che vanno accolti nella maniera migliore”.

Una progettualità in linea con il Green Deal, lo stesso strumento che il suo presidente nazionale Orsini mette sotto accusa, citando esempi come la Cina e gli Stati Uniti che “non si fanno trascinare da politiche ambientali autolesionistiche”.

Intendiamoci, il numero uno di viale dell’Astronomia non si è detto contrario alle transizioni energetica, ambientale e digitale, ma si tratta di rivoluzioni industriali che hanno bisogno di tempo adeguato. Per questo motivo il territorio brindisino avrebbe dovuto poter fare affidamento su una Confindustria in grado di gestire questa fase difficilissima e di far ragionare la sua associata Enel per non creare un disastro occupazionale nel territorio brindisino e per tenere fede agli impegni di nuovi investimenti che proprio Lippolis aveva ricordato nel 2021.

E invece ci si è dimenticati di tutto, ostentando fiducia per il futuro e forse girandosi dall’altra parte quando dalle imprese dell’indotto di Cerano arrivavano grida di dolore. Il tutto, per inseguire la chimera di fotovoltaico, eolico e idrogeno, oltre a qualche piccolo investimento “modello Act Blade” di cui non si conoscono i contorni ed i ritorni reali per il territorio.

Un ottimismo che ricalca quello già manifestato dal capo degli industriali brindisini proprio nell’assemblea brindisina del 2023 quando parlò dei ritorni che avrebbe avuto Brindisi dagli investimenti di Enel (perse le tracce), di Ferretti a Taranto (mai realizzato), della stessa ACT Blade (sparita nel nulla), delle torri eoliche di Renantis (dove sono?), di Euroapi (che adesso vuole vendere lo stabilimento) e di tanti altri gruppi, per un totale di 3 miliardi di euro.

Di tutto questo oggi non c’è traccia e le preoccupazioni dell’attuale presidente nazionale di Confindustria Orsini sono realistiche e fortunatamente sono state colte da chi guida il Governo italiano in questo momento. Peccato che a Brindisi si viaggi in direzione opposta.

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