Cerano al 2030? Se sarà così bisognerà utilizzare i 5 anni per riprendere a correre…

Altri cinque anni di vita della centrale dell’Enel di Cerano, posticipando il termine del phase-out dal 2025 al 2030. Non ci sono certezze, ma è una ipotesi su cui si sta lavorando a livello governativo, anche sulla base delle dichiarazioni fatte dall’amministratore delegato di Enel Cattaneo e dal suo collega che sta a capo dell’Eni De Scalzi. In sostanza, è stato lanciato l’allarme sul fabbisogno di energia elettrica per il nostro paese proprio dai due manager più importanti delle aziende di Stato. E questo appello è stato immediatamente raccolto dal vice premier Salvini, anche se nel Governo vi è il Ministro Urso che naviga in altre acque rispetto a questa ipotesi.

Ma in mattinata è giunta anche una dichiarazione del Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin che ha confermato il fermo della produzione a carbone al 2025, ma ha anche aggiunto che le centrali non verranno smantellate. Il che significa che dovranno essere sempre pronte a tornare in funzione.

Va detto che per Brindisi un prolungamento del fine vita della centrale al 31 dicembre del 2030 comporterebbe degli indubbi vantaggi dal punto di vista economico ed occupazionale, senza peraltro determinare ulteriori danni ambientali, visto che Cerano resterebbe come una sorta di riserva tecnica e quindi senza produrre energia con l’utilizzo di carbone. Tradotto in vantaggi anche per l’indotto, si può parlare chiaramente di un pieno coinvolgimento di tutte le aziende che effettuano manutenzioni ordinarie e straordinarie. E poi l’allungamento del phase-out non bloccherebbe alcun piano di nuovi investimenti, a patto che i progetti siano sostenibili economicamente. Una verifica che sta effettuando il tavolo sulla decarbonizzazione insediato presso il Mimit grazie alla nota iniziativa parlamentare dell’on. D’Attis.

Il vero e forse unico problema sarebbe quello della restituzione delle banchine utilizzate fino ad oggi per sbarcare carbone all’Autorità Portuale per farle utilizzare come punto di approdo di navi per rinfuse. Proprio per questo Enel sta già facendo smontare il nastro trasportatore nella parte portuale e quindi un mantenimento in vita della centrale comporterebbe il ritorno all’utilizzo di camion per movimentare il carbone fino a Cerano

Insomma, per Brindisi potrebbe trattarsi di una complessiva boccata di ossigeno, a condizione che si utilizzino questi cinque anni per costruire alternative reali e non solo le attuali schede progettuali.

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