Il dato oggettivamente più rilevante della situazione di grave crisi in cui versa Brindisi è senza dubbio quello riferito ad una accertata incapacità del territorio di disegnare il suo futuro, andando oltre steccati e sterili contrapposizioni.
Oggi lo sport preferito da tutti è quello di attaccare le grandi industrie che stanno per abbandonare quest’area del paese per andare ad investire altrove e con modalità più redditizie. In realtà, le colpe vanno ben distribuite fra tutti gli attori di questa tragedia. La politica, ad esempio, ha mostrato nel tempo grandi limiti culturali ed una sostanziale incapacità di azione. Ne costituisce una dimostrazione il fatto che – ad eccezione del deputato di Forza Italia Mauro D’Attis – non si riesce ad esprimere candidati vincenti per il Parlamento e per il Consiglio regionale. E non è un caso che proprio sui banchi della Giunta regionale non ci sia da anni un assessore brindisino. E’ un fatto grave che compromette le sorti del territorio? Certamente no, ma è una questione di autorevolezza che Brindisi ha gradatamente perso strada facendo, sino a ridursi alle condizioni attuali.
Ne consegue che gli amministratori locali non hanno punti di riferimento capaci di spendersi in maniera efficace per difendere la propria città.
L’unico risultato degno di nota è proprio quello di D’Attis che, insieme al suo collega Battilocchio, ha ottenuto un tavolo ministeriale sulla de carbonizzazione di Brindisi e Civitavecchia. Non è certamente la soluzione ai problemi, ma si tratta pur sempre di uno strapuntino per mantenere accesa la fiammella di un intervento dello Stato in favore di Brindisi, magari attraverso un accordo di programma in cui riversare risorse importanti e non certo gli spiccioli che – ad esempio – sono arrivati a Brindisi attraverso il CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo).
E’ accaduto, pertanto, che a lanciare drammatici segnali di preoccupazione sono rimasti imprenditori e lavoratori a cui giorno dopo giorno è venuto a mancare l’ossigeno per andare avanti. Pian piano hanno chiuso i battenti importanti realtà produttive ed aziende storiche dell’indotto della centrale di Cerano. Il tutto, quando già si parlava di transizione energetica e quindi della necessità di preparare al meglio lo spegnimento definitivo della centrale.
A Roma – come del resto a Bari – hanno fatto finta di non rendersi conto del dramma di Brindisi e quindi il tempo ha cominciato a scorrere inesorabilmente.
In qualsiasi altra città avrebbero dato vita ad una rivolta cittadina e invece a Brindisi tutto questo non è avvenuto.
Ma c’è stato chi ha avuto il pallino tra le mani e non ha saputo utilizzarlo. E si tratta – caro Presidente Orsini – proprio di quella Confindustria che lei si è assunto l’onere di salvare dopo la gestione disastrosa del suo predecessore. Certo, il Presidente Lippolis ha intuito tutto questo ed ha dato vita ad uno strumento importantissimo, denominato “Metodo Brindisi”, in cui unire le forze degli industriali con quelle dei rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori. Un ‘tavolo’, però, che ha avuto la durata di un paio di incontri. Dopo di che proprio Lippolis ha deciso di farlo morire, preferendo avere un rapporto diretto con possibili investitori e tenendo all’oscuro di tutto anche gran parte dei suoi associati. Come ha fatto a reggere questa situazione? Semplice: avviando la stagione degli “annunci”. E’ partito il 28 agosto del 2021 quando su Quotidiano di Puglia si è trasformato da presidente degli industriali brindisini a portavoce dell’Enel, affermando che la società elettrica non avrebbe mai abbandonato Brindisi visto che c’era tutta l’intenzione di continuare a puntare su questa città. La stessa Enel che Lippolis ha fatto arrivare nuovamente a Brindisi lo scorso 15 ottobre (sia pure con le sue seconde e terze linee) per dare una pacca sulla spalla ad imprenditori e sindacalisti. Questa volta, però, gli è andata male, visto che all’Enel è stato chiesto di assumere impegni precisi e su un documento scritto che ovviamente nessuno ha potuto sottoscrivere.
A gennaio del 2023, poi, su L’Ora di Brindisi, proprio Lippolis suonò la carica affermando che non è “mai stato così conveniente investire nel Mezzogiorno” e poi l’annuncio di un rigassificatore ibrido per l’idrogeno per attrarre nuovi traffici.
Nel frattempo, nel corso del suo mandato, il Presidente degli industriali brindisini ha rotto i ponti con chi amministrativa la città sotto le bordate delle accuse di “essere contrari ad ogni investimento”. E non fa niente se con il tempo è cambiata l’Amministrazione (con uno schieramento di centro destra aperto a gran parte degli investimenti) e con Confindustria Brindisi che ha invitato gli iscritti alla rivolta per il costo esagerato della tassa sui rifiuti…
Ma torniamo alla cronistoria delle promesse del presidente degli industriali brindisini: siamo a marzo del 2023, quando Lippolis riceve in teatro, per l’assemblea annuale di Confindustria, il Presidente nazionale Bonomi. E quale slogan usa? “Finalmente Brindisi”!!!, come se la nostra fosse diventata improvvisamente la California italiana.
E poi giù – nella sua relazione – con l’”annuncite” di investimenti per Brindisi di oltre tre miliardi di euro e per giunta “in tempi ragionevoli”.
Parla degli impegni di Enel (che nel frattempo sta scappando via da Brindisi), di ENI (che sta per annunciare la dimissione del cracking, con investimenti compensativi che richiederanno un numero decisamente inferiore di unità di lavoro), di Edison per un deposito di GNL (bisognerà aspettare dicembre per sapere cosa deciderà il Consiglio di Stato e quindi per stabilire se l’impianto sarà mai realizzato), di EuroApi (che ha annunciato la volontà di vendere lo stabilimento di Brindisi), di ACT Blade (al momento la più grossa bufala per Brindisi degli ultimi anni) e di Renantis (l’investimento per le pale eoliche è subordinato a mille varianti…).
Insomma, tra Brindisi e l’Eldorado per Lippolis non c’era alcuna differenza.
La realtà, invece, parla un’altra lingua, visto che Brindisi affonda nella crisi più nera, tra picchetti per strada e nessuna garanzia per il futuro. Del resto, non è un mistero che l’elenco delle tredici aziende che hanno presentato una scheda progettuale al Ministero del made in Italy sia ancora avvolto da tanto fumo…
A fronte di tutto questo, Confindustria ha convocato una assemblea permanente degli iscritti per decidere insieme il futuro del territorio? Ha creato dei tavoli di lavoro per esaminare possibili vie di uscita? Ha cercato di mettere insieme tutti i soggetti interessati allo sviluppo del territorio? Niente di tutto questo. Negli ultimi mesi in corso Garibaldi 53 si è discusso dei festeggiamenti per gli 80 anni della sezione brindisina, tra premi e spettacoli ed una assemblea estiva svoltasi sulle coste del Salento a bordo di un catamarano. E forse non è stato coinvolto neanche il direttore di Confindustria Brindisi che due giorni fa è salito agli onori delle cronache solo per una presa di posizione in favore della musica, che “è una risorsa” ed un investimento per il futuro.
Nel frattempo a livello nazionale è stato eletto Orsini, un Presidente come Confindustria non ne vedeva da tempo, simbolo di concretezza e di lucidità nelle analisi ed armato del coraggio di affermare che il green deal va rivisto (mentre a livello locale ci si continuava a riempire la bocca…), tanto da convincere anche la Presidente del Consiglio. Insomma, una Confindustria dei fatti concreti, delle analisi e delle indicazioni chiare su dove andare per salvare il paese. E a Brindisi? Si continua a viaggiare,purtroppo, in direzione opposta…