Ormai da giorni le televisioni nazionali mandano in onda un bellissimo spot dell’Enel. La canzone di Francesco De Gregori “La storia siamo noi” fa da sottofondo ad immagini che percorrono il cammino dell’Enel negli ultimi 60 anni durante i quali la società elettrica ha unito l’Italia con la rete elettrica, ha collegato le isole, ha svolto un’attività di ricerca di nuove fonti di energia, ha puntato sulle rinnovabili, innovato le reti e guida la transizione energetica. Poi un riferimento al fatto che Enel oggi è presente in 28 paesi nel mondo dove fornisce energia a 60 milioni di famiglie e di aziende.
Ed è così che mentre scorrono le immagini di lavoratori che indossano caschi con il nome dell’Enel e dei paesi del mondo in cui è presente, compare lo slogan “La storia è di chi la costruisce”.
Ebbene, se questo è il “credo” aziendale allora l’Enel non avrebbe mai dovuto abbandonare Brindisi. Perchè è qui che ha costruito la sua storia, è qui che ha bruciato milioni di tonnellate di olio combustibile, orimulsion e carbone. E’ qui che ha contaminato i terreni attigui alla centrale di polverino di carbone (a tal punto da renderli incoltivabili). E’ qui che ha devastato 14 chilometri di campagna per realizzare un mostro chiamato “asse attrezzato” ed è qui che ha creato un’economia senza fondamenta intorno alla centrale. Ed è qui che, sulle ali della transizione energetica, ha deciso sostanzialmente di scappare via per investire altrove. Ecco perché in mezzo ai caschi inquadrati nello spot ci sarebbe dovuto essere quello con la scritta “Brindisi” perché la “storia” dell’Enel l’abbiamo scritta noi. E basterebbe questo per chiedere alla società elettrica rispetto, riconoscenza e un cospicuo risarcimento. E invece un’Enel quotata nel mondo e fonte di dividendi anche per lo Stato da Brindisi scappa via, senza scrupoli e forse anche senza dignità. Ma la “storia”, quella vera, non si cancella…