BRINDISI NON E’ PIU’ LA CITTA’ DEI “NO”, MA PRETENDE SCELTE CONSAPEVOLI…

Una premessa è d’obbligo: non ho mai nutrito particolari simpatie politiche per Riccardo Rossi e non ho condiviso tante sue scelte, ma gli accadimenti degli ultimi tempi impongono una riflessione che mi costringe a tirarlo in ballo. Il governo-Rossi della città di Brindisi, come è noto, ha cessato di esistere nel maggio scorso ed uno degli slogan dei suoi avversari è stato proprio legato al fatto che fino a quel momento Brindisi veniva considerata come la città del “no a tutto” (il che era vero solo in parte). In realtà, ciò che sta avvenendo adesso conferma che i “no” non erano solo una promanazione di Rossi e dei suoi fedelissimi, ma appartengono ad una città che forse comincia davvero ad essere stanca di dover dire “si”, peraltro il più delle volte a tempo clamorosamente scaduto quando sono già intervenute le decisioni degli “altri”.

La vicenda-Edison rappresenta l’esempio più eclatante. Se ne parla (in qualche stanza, non certo tra i cittadini) sin dal 2018, ma tutta la fase in cui si è proceduto con l’iter autorizzativo è stata vissuta in una sorta di clandestinità. Chi poteva chiedere ed ottenere un maggiore coinvolgimento non lo ha fatto. O non lo ha fatto fino in fondo, compresa l’Amministrazione Comunale di Brindisi che ha partorito un “non parere” (inefficace sul piano legale) ed un ricorso al Tar probabilmente fatto “tanto per fare”, sbagliato anche nella scelta della sede amministrativa a cui presentarlo. Forse era quello il momento in cui bisognava chiedere di saperne di più di quell’impianto e di possibili conseguenze (positive e negative) per il territorio. E invece niente. Un silenzio che ha permesso a “quelli delle stanze” di andare avanti ed all’azienda finanche di acquisire un finanziamento pubblico con fondi PNRR, di programmare l’avvio dei lavori e l’affidamento degli appalti. Poi, come spesso accade, tutta la “macchina” messa in piedi è incappata in una buccia di banana costituita dal maldestro tentativo di Edison di imporre una “torcietta” da 45 metri. E’ stato a quel punto che qualcuno si è spaventato ed ha dato l’allarme. Da qui le prime manifestazioni di piazza e la presa di coscienza di molti consiglieri comunali che hanno chiesto quantomeno di poter capire.

E’ stata necessaria una audizione con tutti gli enti interessati per capire che non si è fatto davvero nulla per individuare un sito meno impattante di quello di Costa Morena e che c’è un rimpallo di responsabilità tra Autorità di Sistema Portuale ed Edison.

E poi il clamoroso episodio del binari ferroviari che attraversano i piazzali del porto. Il Consorzio ASI parla di mancato rispetto dei trenta metri di distanza previsti per legge, mentre l’ente portuale accenna alla possibilità di applicare una sorta di deroga che ridurrebbe la distanza a soli cinque metri. Sta di fatto che nessuno se la sente di mettere nero su bianco e quindi adesso c’è una fase di stallo. E c’è da verificare anche sulla base di quale documentazione il CTR (Comitato tecnico regionale) ha espresso il proprio parere positivo, atteso che quei binari sono stati considerati incredibilmente “non utilizzati”, ignorando che si stanno spendendo decine e decine di milioni di euro per collegarli con un “baffo” alla rete ferroviaria nazionale.

Come andrà a finire, a questo punto, è difficile dirlo, così come è difficile prevedere l’esito del consiglio comunale monotematico del 27 ottobre. Se i consiglieri metteranno da parte gli abiti da primadonna, si potrebbe raggiungere una intesa finalizzata a chiedere un riesame del parere proprio al CTR che appare organo competente ed estremamente serio. Andare oltre, almeno in questo momento, servirebbe solo a spaccare l’assise ed a lasciare spazio libero e chi quell’impianto lo vuole a tutti i costi.

Ma quello di Edison è solo un esempio per mettere in risalto un dato: chi si era illuso di aver fatto traghettare Brindisi dalla “politica del no” alla “politica del si” ha fatto male i conti. Questa città, infatti, sta prendendo consapevolezza della necessità di partecipare alle scelte, di decidere il proprio futuro alla luce del sole, anche per evitare che le sorti del territorio fininiscano nelle mani di multinazionali o, nel peggiore dei casi, di faccendieri.

Il tutto, partendo da un dato: mai più dovrà accadere che qualcuno ci prenda “per fame”, costringendoci ad accettare di tutto e di più sulla scorta di un ricatto economico ed occupazionale che non ha mai portato sviluppo reale e duraturo. Il tutto, con uno sguardo attento (molto più di prima) alla nostra salute ed alla tutela di un territorio martoriato dai veleni del passato.

Su tutto questo sarebbe bello se non ci si dividesse più tra “quelli del no” e “quelli del si”, firmando un patto per il bene di Brindisi improntato a “quelli del si consapevole”. E’ un sogno? Forse no, anche perché coloro che vogliono un futuro diverso vanno ben oltre i 3-4-500 (e smettetela di contarli, come se fosse un successo vederne il meno possibile) partecipanti alle manifestazioni di piazza che – si bandi bene – non sono “quelli di Rossi” e “quelli di Fusco”, ma liberi cittadini che, a di là delle simpatie politiche, hanno già deciso di essere protagonsiti del proprio destino.

Mimmo Consales

Condividi questo articolo:
Share on facebook
Share on twitter
Share on telegram
Share on whatsapp
no_fumo_torchiarolo

what you need to know

in your inbox every morning