La provincia di Brindisi ha bisogno di un accordo di programma sottoscritto in sede di Governo e che veda coinvolte le istituzioni locali, la Regione Puglia, le associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali. Per Confindustria – così come ribadito nel consueto incontro di fine anno – è proprio questa la strada da seguire, tanto più dopo aver lavorato per rimuovere ostacoli e incomprensioni che in passato hanno contraddistinto i rapporti tra i singoli attori territoriali (nel corsod ella conferenza stampa il presidente Gabriele Lippolis ha parlato anche della crescita ottenuta da Confindustria Brindisi nel 2021, con 60 nuove aziende associate, tra cui due quotate in borsa, oltre al ritorno di Aeroporti di Puglia).
Una scelta, quella dell’accordo di programma, assolutamente condivisibile, anche se potrebbe non bastare per ridare speranze a questo territorio.
Il quadro di partenza, infatti, è particolarmente desolante. Il Contratto Istituzionale di Sviluppo Brindisi/Lecce è fermo nei cassetti del Ministero competente e anche se venisse varato conterrebbe interventi inefficaci sul piano della crescita economica ed occupazionale di quest’area. La ZES adriatica, nata con lo spirito di attuare interventi immediati ed efficaci, è ferma dal 2017 e nel frattempo – per accontentare tutti – è stata annacquata ed estesa ad un territorio troppo vasto. Il tutto, mentre si litiga anche sulla nomina del commissario.
Le zone franche doganali, invece, rischiano di rimanere delle scatole vuote se i proponenti non le riempiranno di contenuti, a partire da Enel Logistic che se n’è vista riconoscere una sulle aree di propria pertinenza.
Occorre, insomma, una “vision” riguardante lo sviluppo. E bisogna far presto, perché nel frattempo i processi di decarbonizzazione stanno provocando danni occupazionali assai preoccupanti e la chiusura di numerose aziende. E preoccupa allo stesso livello la crisi del comparto aeronautico, visto che i riverberi della crisi mondiale del trasporto aereo rischiano di ripercuotersi sugli anelli più deboli e quindi sulle aziende di componentistica come quelle che insistono nel Brindisino.
Ci si sieda, pertanto, intorno ad un tavolo. Sapendo, però, che non basterà chiedere l’intervento del Governo senza prima condividere possibile forme di sviluppo alternativo di questa provincia.