Popolare di Bari, arrestati Jacobini padre e figlio. Interdetto De Bustis.
Le loro mani ancora sulla banca ad oltre un mese dal Commissarimento
A cura dello Sportello Bancario e Sovraindebitamento Adoc Brindisi
Referente Avv. Rossana Palladino
Un sistema inquietante quello che emerge dall’inchiesta del GIP Francesco Pellecchia del Tribunale di Bari che ha portato in queste ore all’arresto di Marco Jacobini, ex presidente dell’Istituto e padre padrone della Banca -che, a detta dei dipendenti della Popolare, <<governava la banca con lo sguardo>>-, del figlio Gianluca (ex codirettore), Elia Circelli (responsabile della Funzione Bilancio e amministrazione) e all’interdizione all’esercizio della professione di dirigente bancario per 12 mesi per Vincenzo De Bustis (ex amministratore delegato).
Secondo la prospettazione del GIP «appare evidente che la struttura della Banca è ancora sottoposta al controllo di fatto della famiglia Jacobini e dei soggetti per i quali si è chiesta la misura», accusati, a vario titolo, di false comunicazioni sociali, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza (Marco Jacobini anche per maltrattamenti ed estorsioni) e tanto ancora dopo la data del 13 dicembre a far tempo dalla quale l’Istituto è stato commissariato, pur restando, di fatto, ancora sotto il controllo della degli odierni indagati.
Da qui l’esigenza della custodia cautelare che dovrebbe impedire che il potere illecito da questi soggetti esercitato possa inquinare lo scenario probatorio nonchè interferire o addirittura impedire il risanamento della Banca con i devastanti effetti sull’economia meridionale.
Vi è di fatto che, mentre i 70.0000 piccoli azionisti truffati dalle condotte scellerate e spregiudicate della Banca temono per la sorte dei loro risparmi Jacobini & co lavoravano per impedire la <<corretta emersione dei dati contabili (in particolare la situazione dei crediti falsamente classificati come in bonis) necessari per identificare le cifre necessarie per il risanamento della banca» nonché per evitare che emergesse al contempo la falsità dei precedenti bilanci.
Il tutto non prima di aver messo al sicuro i propri, di risparmi.
I fondi di Jacobini padre e figlio (per oltre 5 milioni di euro) vengono infatti distratti da Banca Popolare poco prima del Commissariamento, negli stessi giorni in cui si invitavano gli azionisti alla calma, a non chiudere i propri di conti in sostanza, secondo il Giudice, i vertici svuotavano i propri di conti, con il preciso intento di <<sottrarre i profitti illeciti ad eventuali operazioni di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, procedendosi nei loro confronti per reati per i quali è possibile la confisca dei profitti anche per equivalente>>
L’inchiesta parla di condotte che vengono qualificate come <<gravissime>>, di fondi sottratte al potenziale sequestro per essere reinvestite in attività finanziarie lecite>>, di condotte caratterizzate da una <<particolare intensità del dolo>> e da una <<modalità di esecuzione delle singole condotte criminose, sintomatiche di elevatissima propensione a delinquere dalla personalità degli indagati che si presta ad una valutazione estremamente negativa a dispetto della condizione di soggetti incensurati dalla serialità delle condotte addebitate, protrattesi con preoccupante regolarità fino ad epoca piuttosto recente».
Un quadro allarmante che parla di mega compensi per Marco Jacobini, pari a 3.059.000 di euro, di <<coercizione organizzativa>> e mobbing esercitati nei confronti dei dipendenti non allineati, di intimidazioni e minacce.
Di fatto un sistema criminale che ha tenuto in pugno per trent’anni il pilastro bancario dell’economia del Mezzogiorno accumulando nel tempo fortune illecite ai danni di piccole e medie aziende e risparmiatori retail e alterando e avvelenando, di fatto, anche l’intero mercato dell’economia legale con una politica di concessione di mutui e finanziamenti che premiava gli amici e penalizzava chi era fuori dal sistema criminale.
Oggi il sistema è svelato, forse non colpito a morte ma sicuramente indebolito ed è necessario che l’attenzione rimanga alta, che non si arretri di un passo nella tutela dei danneggiati, dei risparmiatori truffati.
Adoc, proseguendo nel lavoro portato avanti senza tregua in questi anni, proseguirà nella tutela dei consumatori e valuterà, alla luce di quanto sta emergendo un queste ore dall’inchieste, le più opportune azioni da porre in campo per la tutela dei risparmiatori non escluda la costituzione di parte civile nei processi che seguiranno.