Il Sindacato Cobas invita associazioni, movimenti, sindacati, a condividere le manifestazioni di protesta di sabato 19 ottobre che, su scala nazionale, saranno svolte in tante piazze in tutta Italia contro il disegno di legge 1660, cosiddetto “decreto sicurezza”. A Brindisi il momento di protesta si svolgerà con un sit in all’incrocio di Corso Roma con Corso Umberto a partire dalle ore 17,30 di sabato 19 ottobre. Il quadro delle norme giuridiche cambierà pesantemente se il ddl 1660 dovesse davvero diventare legge e ciò comporterebbe la trasformazione di alcuni illeciti amministrativi, molto spesso applicate impropriamente con finalità di deterrenza alle proteste sociali, ambientaliste e occupazionali, ad illeciti penali che possono comportare finanche condanne molto pesanti. Legge del tutto applicabile di fatto nella sua severità anche in una città come la nostra nella quale non mancano le tante imposizioni calate dall’alto, già negli scorsi decenni, e che continuano ad essere calate dall’alto come il “bombolone” di Edison oppure come l’inutile e anacronistico raddoppio del gasdotto Tap che passa da Brindisi che ha il terminale di smistamento in contrada Matagiola alle spalle del quartiere Sant’Elia.
E con uno scenario in cui un Governo Nazionale, come l’attuale, che è sempre più convinto che una opera, fatta passare per strategica per il Paese, può superare qualsiasi normativa nazionale e internazionale o le valutazioni degli impatti sull’ambiente (come il caso di specie del deposito GNL di Edison) lo strumento architettato per tacitare ogni protesta – ogni forma di protesta – è più che funzionale alle lobbies delle speculazioni. Quindi, non riusciamo a comprendere cosa c’entrino con la sicurezza dei cittadini le tante norme del ddl 1660. Questo ddl criminalizza di fatto il dissenso verso le politiche del governo e questa criminalizzazione è chiaramente rivolta alle associazioni ambientaliste che difendono i propri territori dalle devastazioni in nome del profitto. L’introduzione del reato di “blocco stradale” o l’introduzione di un’ulteriore circostanza aggravante dei delitti di resistenza a pubblico ufficiale se il fatto è commesso al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica, anch’essa chiaramente rivolta alle manifestazioni contro la realizzazione di grandi opere come la TAV o il Ponte sullo Stretto, è la dimostrazione che si vuole colpire proprio chi, a giusta e sacrosanta ragione, si oppone alla realizzazione di queste opere deleterie per il proprio territorio. Ed è proprio perché è aumentata la presa di coscienza nei confronti degli impatti di queste opere palesemente inutili sui cambiamenti climatici, sull’ambiente e soprattutto sulla salute, le manifestazioni vedono sempre più un’ampia partecipazione delle comunità cittadine locali. A questo punto non poteva non arrivare la puntuale contromisura del Governo che, per accontentare i “soliti noti” che si “sentirebbero” minacciati dalle proteste di piazza, ha scelto di farsi carico di architettare un provvedimento così palesemente incostituzionale e così fuori da ogni ragione politica per sedare ogni tentativo di manifestare il dissenso. Anche per le vertenze occupazionali sarà così perché lo strumento avrà la stessa funzione, ovvero di sedare qualsiasi iniziativa spontanea o meno di lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro semmai lo hanno già perso. E come si potrebbe stare fermi, inermi e passivi di fronte a un disastro occupazionale come quello che stiamo vivendo per le dismissioni, senza investimenti alternativi a salvaguardia della occupazione, che interessano i comparti energetico, chimico e aeronautico? A questo punto l’unica “messa in sicurezza”, se proprio vogliamo dirla tutta, è fermare le politiche liberticide di questo Governo, proprio di questo Governo che lamenta sempre la presunta “politicizzazione della giustizia, proprio di questo Governo che ha giurato sulla Costituzione della Repubblica Italiana, per impedirgli di usare il grimaldello del diritto penale per disincentivare e reprimere il dissenso. Il ddl 1660 (che resta sempre oggetto della libera discussione in Parlamento) sembra dunque usare la leva penale per disegnare simbolicamente un nuovo assetto dei rapporti tra Autorità e consociati, veicolando un chiaro messaggio: legge e ordine, chi protesta, chi è marginale, chi non pratica ginnastica d’obbedienza domani rischierà ben più di ieri. “La maggior parte delle sue disposizioni (come sostiene l’OCSE nel parere reso il 27 maggio 2024) ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello stato di diritto”. E comunque… l’idea di voler trasformare il problema di ordine sociale in problema di ordine pubblico è davvero geniale!
Per la Confederazione Cobas Roberto Aprile