“I centri commerciali ci rovinano”, “I brindisini amano i forestieri e vanno a fare spese fuori porta lasciando morire la propria città”: gli avremo sentiti tutti questi commenti, tra il depresso e l’inferocito, una volta o due. Bene è il 23 novembre e la redazione di Brindisitime.it ha fatto un giro per i corsi del centro cittadino e ha raccolto qualche testimonianza, rigorosamente a denti stretti e lontano dai microfoni, che inibiscono, è ovvio, se non i soliti noti che scelgono di metterci la faccia, tra incitazioni degli amici e commenti al vetriolo, del tipo “polemiche strumentali poi si presentano in politica”, dei “nemici”. Ma i fatti parlano da se: a 45 chilometri a sud è Natale e a 45 chilometri a nord anche. A Brindisi no, di Natale neanche l’ombra figuriamoci le luminarie. E’ vero che il caldo non aiuta a entrare nel clima della festa più importante dell’anno, per i credenti cristiani e per i credenti nel “business del regalo”, e spiace affiancare sacro e profano ma fra adulti svezzati ci si può dire la cruda verità. E se non fosse per la bagarre tra assessorato alle attività produttive, pubblica amministrazione e Confesercenti, unica associazione di categoria che, seppur sarà non ben vista proprio dalla categoria (almeno secondo gli umori raccolti più volte), ancora “regge botta” e dice la sua, opinabile o meno, si potrebbe pensare di essere ancora a settembre. Fatto strano è che a fine novembre anche la calda Los Angeles addobba i suoi centri commerciali e le sue vie shopping a festa, perché si sa la gioia aiuta l’acquisto. Invece, incredibilmente questa mattina, girando fra i corsi si è capito, dalle chiacchiere con alcuni commercianti, che è tutto lasciato al caso, tra rabbia di qualcuno perché non ci pensa l’amministrazione pubblica e la sorpresa di altri nello scoprire che è il 23 novembre e “perché dovremmo addobbare fin da ora, non è presto?”. Forse a Brindisi, dove l’unico clima che si respira è quello dell’apatia del “ci penserà qualcun altro” salvo poi gettare fiumi di veleno negli sfogatoi dei social network.
Carmen Vesco