Il litorale brindisino è stato sempre considerato una risorsa da valorizzare per lo sviluppo sociale ed economico del territorio soprattutto dopo la crisi degli insediamenti industriali a partire dagli anni ’90. A fronte di tale unanime riconoscimento le azioni determinate a raggiungere l’obiettivo di tale valorizzazione sono state davvero scarse.
In molte occasioni singoli cittadini e associazioni hanno denunciato lo stato di degrado della costa nord, (immersa tra i rifiuti, abusivismo edilizio e ruderi) che impedisce la fruizione della risorsa “mare” e il possibile sviluppo di attività turistiche.
Nulla di fatto finora a Brindisi. In questi anni sono stati effettuati, con grave ritardo, solo interventi sporadici: la demolizione e le bonifiche della baraccopoli in contrada “Sbitri” (in cui era stata riscontrata anche ingente presenza di amianto) portata a completamento solo nel 2013 a 6 anni dall’avvio, e il ripristino e la bonifica di Punta del Serrone completata nel 2014. In entrambe le aree sono stati istituiti dei parchi in cui, peraltro, manca la manutenzione costante per consentire la pubblica fruizione in sicurezza. Altro progetto di valorizzazione riguarda la zona diga e cala Materdomini in cui sono stati finalmente demoliti ruderi con lavori avviati nel mese di aprile 2018, bloccati subito dopo le demolizioni e attualmente ancora fermi.
Oltre al degrado, il litorale presenta da anni un problema di limitata fruibilità delle spiagge – libere e non – a causa dell’erosione della falesia. Nel 2015 è stato avviato dal Comune di Brindisi l’intervento che ha impegnato ingenti risorse economiche per la realizzazione del progetto di messa in sicurezza geomorfologica del litorale, in attuazione degli interventi in difesa del suolo ai sensi della Delibera di Giunta Regionale n. 523 del 2013.
Il primo intervento ha interessato il “tratto 01”, in zona Apani a ridosso della Riserva di Torre Guaceto in corrispondenza di una proprietà privata in cui non c’è accesso alla spiaggia ormai da decenni per assenza di arenile. Se l’intento dei lavori è la messa in sicurezza del litorale per permettere la maggiore fruibilità dei tratti di spiaggia libera da parte dei cittadini (tanto che ogni anno vengono emesse ordinanze comunali per “la tutela della incolumità pubblica in funzione dell’uso abitualmente rinveniente nelle dette aree” con l’interdizione di balneazione, accesso e stazionamento nei tratti censiti come critici) non si comprende perché si siano avviati i lavori a partire da un tratto al quale nessuno ha la possibilità di accedere.
Il progetto preliminare approvato con la Delibera di Giunta Regionale del 2013 indica poi la zona interessata dai lavori: “Il tratto oggetto di studio si sviluppa per circa 14 Km in linea d’aria e corre dalla foce del “canale Reale” (1570 mt a sud di Torre Guaceto) passando per “Apani” (toponimi “canale Apani” e “scogli di Apani”), “Posticeddu”, “Case Bianche”, “Torre Testa”, “canale Giancola”, “canale Sbitri”, “Punta Patedda” e fino a “Punta Penne” terminale della SUF 3.2”.
I lavori avviati dal Comune di Brindisi non partono da Canale Reale, escludono invece parte della riserva di Torre Guaceto ( quella di maggiore interesse per cittadini e turisti ) e cominciano all’altezza degli scogli di Apani (nel “tratto 01”), in una zona in cui oggi si accede sui massi coperti da muschio e poi direttamente in acqua.
All’esito dei lavori della messa in sicurezza si è osservata una riduzione della ripidità della falesia e una considerevole trasformazione paesaggistica senza che l’accesso al mare sia migliorato. Ad oggi nulla è cambiato rispetto agli anni scorsi. Nessun nuovo accesso a spiagge libere è stato creato.
Il progetto prevedeva il ripascimento della spiaggia ma questo non è ancora stato attuato. La piantumazione annunciata sui cartelli non risulta ancora realizzata, o almeno non sembra che ci sia stata manutenzione data l’assenza di vegetazione in quasi tutti i tratti interessati ai lavori. C’è allora da chiedersi se l’opera sia completata, se i 3 milioni di euro previsti siano già stati spesi e perchè i lavori non sono stati realizzati nei punti in cui era presente arenile e sussisteva solo un problema di accesso o di eccessiva altezza della falesia, se il “rimodellamento” della falesia abbia raggiunto l’obiettivo prefissato di “deperimetrazione” delle aree PG3 (pericolosità geomorfologica molto elevata).
Auspichiamo l’adozione urgente del Piano comunale delle Coste, come strumento atto a garantire la tutela e la valorizzazione del litorale con lo sviluppo coerente di tutte le attività ad esso collegate. Interventi sporadici e discontinui, che comportano comunque un grande impegno di risorse pubbliche, non hanno finora generato alcun cambiamento. All’Amministrazione Comunale si chiede anche di informare i cittadini sullo stato dei lavori di messa in sicurezza della falesia perchè essi possano giudicare se quanto previsto dall’appalto sia stato correttamente realizzato.
Per parte nostra torneremo sul problema con l’intento di approfondire la logica che dovrebbe guidare l’intero progetto in tutte le sue articolazioni operative. E ciò allo scopo di verificare se la finalità di evitare pericoli e quella di valorizzare la costa (con la connessa viabilità) saranno tenute nel debito conto.