Il contenimento della spesa pubblica e le evidenti difficoltà economiche attuali hanno portato l’attuale gestione commissariale del Comune di Brindisi ad eliminare alcune voci in uscita del bilancio ritenute non indispensabili. E così dopo quasi 20 anni, in pratica da quando era sindaco Giovanni Antonino, la nostra città, con un atto deliberativo del commissario Giuffré, non fa più parte dell’Associazione “Città del Vino”, proprio in un’epoca in cui la cultura dell’uva e del vino si sta propagando in maniera esponenziale sul nostro territorio, a tutto vantaggio del rilancio socio-economico della zona. Infatti, sono molteplici le aziende vitivinicole brindisine e salentine che sono nate in questo periodo, dando lavoro e producendo economia, grazie a tanti vini di qualità, così come viene riconosciuto al marchio brindisino in tutto il mondo. Ma si sa, di fronte ai continui tagli che le amministrazioni locali sono costrette a subire a livello statale, a farne le spese sono proprio le partecipazioni i associazioni che possono anche essere superflue ma che senza dubbio conferiscono alla città, attraverso vari settori come quello dell’agricoltura e della viticultura, una immagine di vitalità e di dinamismo.
Tra gli obiettivi più importanti dell’Associazione, nata nel 1987 a Siena per volontà di 39 sindaci, subito dopo lo scandalo dei vini al metanolo, c’era quello di aiutare i Comuni , e quindi anche Brindisi dal 1998, a sviluppare intorno al vino, ai prodotti locali ed enogastronomici, tutte quelle attività e quei progetti che permettono una migliore qualità della vita, uno sviluppo sostenibile, più opportunità di lavoro. Il “rinascimento” del vino italiano è partito idealmente proprio da quell’evento negativo e si percepì che l’operazione che andava fatta – di carattere culturale, oltre che di marketing – era quella di rendere sempre più forte il rapporto tra vino e territorio, un rapporto che rappresenta ancora oggi l’unicità del vino italiano, la sua originalità assoluta. Il vigneto, in sostanza, è parte fondamentale del paesaggio e così tutte le aree agricole interessate e la sua tutela è strategica per la qualità del territorio e pertanto va programmata nell’azione amministrativa; lo sviluppo locale non può che derivare da una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato fatta di scelte condivise. Un esempio concreto resta l’impegno per lo sviluppo del turismo del vino, che coniuga qualità dei paesaggi e ambienti ben conservati, qualità del vino e dei prodotti tipici, qualità dell’offerta diffusa nel territorio ad opera delle cantine e degli operatori del settore. Il turismo rurale nelle “Città del Vino” è stato in questi anni in crescita costante. Con oltre 3 miliardi di euro di fatturato stimati e circa 5 milioni di enoturisti (secondo i rapporti annuali dell’Osservatorio sul turismo del vino), l’enoturismo si pone tuttora al centro delle politiche di crescita locale. È questa una forma di turismo di esperienza che privilegia la sostenibilità, l’incontro con il territorio, e la conoscenza diretta dei suoi protagonisti: i vignaioli e la gente che qui lavora e vive. Brindisi, ora, dovrà continuare questo percorso da sola.