Ecco il documento di Legambiente:
Start up (menzione speciale al Comune di Brindisi nel rapporto di Legambiente
Puglia e riqualificazione del ciclo dei rifiuti a Brindisi)
Il 20 dicembre, nel corso di una conferenza è stato presentato l’annuale rapporto sui “Comuni
Ricicloni” in Puglia.
Fra i comuni capoluogo di provincia, come al solito si distinguono quelli della BAT, ma
Legambiente ha voluto riconoscere con una menzione speciale (start up) il risultato
conseguito dal Comune di Brindisi che è passato da un desolante 19 % di raccolta differenziata
di inizio anno (con punte ancora più basse in seguito) ad un più che lusinghiero 51%
raggiunto alla fine di novembre ed in costante crescita in questi giorni.
Legambiente ha legato la menzione speciale, anche alla scelta di una raccolta differenziata
porta a porta spinta che in questi ultimi mesi si va diffondendo anche nel più popoloso
quartiere della città (Commenda), dopo un periodo iniziale di difficoltà della nuova ditta
Ecotecnica nel raccogliere la disastrosa eredità di Ecologica Pugliese.
Legambiente ha sempre considerato capisaldi fondamentali di un virtuoso ciclo dei rifiuti e di
una conseguente ed altrettanto virtuosa economia circolare, la riduzione della produzione dei
rifiuti (dagli sprechi ai materiali non riciclabili), il ruolo che ognuno di noi può e deve
esercitare (da questo punto di vista c’è ancora molto da fare), la raccolta differenziata porta a
porta, il corretto conferimento agli impianti di selezione e trattamento ed ai consorzi a cui
consegnare le materie recuperate e da riciclare e quel mondo in continua evoluzione che
chiamiamo economia circolare.
Più volte Legambiente ha sottolineato che Brindisi si avviava ad essere uno dei comuni
capoluogo di provincia in grado di raggiungere l’obbiettivo regionale del 45% nel giugno
2015 ma , proprio quando la società Monteco aveva raggiunto nell’ottobre 2014 circa il 38%
di raccolta differenziata, l’allora Amministrazione comunale decise inopinatamente di
cambiare gestore e la percentuale raggiunta precipitò rapidamente: emersero le cattive
abitudini dei cittadini e si aprì una sempre più grave emergenza (costellata da scelte di dubbia
legittimità e di indubbia gravità sul piano ambientale), che sfociò in provvedimenti della
Regione Puglia e soprattutto giudiziari di blocco o di sequestro degli impianti di trattamento
esistenti in città.
Legambiente ha più volte evidenziato che il manto isolante di polietilene della discarica di
Autigno era acclarato che fosse perforato sin dal 2001 e che impianti fondamentali per una
corretta ed economicamente vantaggiosa gestione del ciclo dei rifiuti, erano assolutamente
inidonei e non a norma (da quello di compostaggio a quello di produzione di CDR per la cui
sorveglianza pur in attivo, l’Amministrazione comunale ha pagato migliaia di euro al mese).
Legambiente ha sempre manifestato profonde perplessità rispetto alla gara d’appalto per
l’affidamento dei servizi di gestione dell’impianto, perché era compito dell’Amministrazione
comunale, preliminarmente metterli a norma e certificarne la perfetta efficienza, senza aprire
quel nebuloso rapporto venutosi a creare con la ditta Nubile, che da un lato, ha reclamato il
pagamento dei lavori sugli impianti direttamente realizzati e, dall’altro è stata coinvolta in
vicende giudiziarie che hanno portato all’emissione di provvedimentied allo scioglimento del
Consiglio comunale.
Oggi è essenziale sbloccare, adeguare, innovare e mettere in rete gli impianti esistenti, in
primo luogo attraverso un corretto e controllato processo di biostabilizzazione (con
motivazioni legate all’emergenza si è autorizzato il ricorso a sistemi ed impianti quali quello
di Formica ambiente, che legittimano perplessità), attraverso il trattamento della frazione
organica in anaerobiosi ed areobiosi, attraverso il revamping di impianti programmato e
finanziato ed attraverso il riavvio della discarica di Autigno che però, nel ciclo virtuoso
richiamato, avrebbe sempre più una funzione marginale, anche per le possibilità di ulteriore
selezione o di trattamento a freddo possibili sull’indifferenziato e sulla frazione secca o di
destinazione a recuperi ambientali (ad esempio in cave dismesse) di materiali così ricavati ed
inertizzati.
Ciò che va però fortemente sostenuto, con campagne informative, di promozione e di
incentivazione, e un ricorso combinato ad una riduzione dei rifiuti e dalla raccolta
differenziata porta a porta spinta, che salendo rapidamente e progressivamente, ci eviterà
nuove gabelle legate all’ecotassa.
La Regione Puglia ha offerto ai comuni una piccola scappatoia, consentendo di valutare
positivamente un semplice aumento del 5 % in autunno rispetto allo stesso periodo del 2016,
ma è chiaro che è la percentuale di raccolta differenziata a far fede rispetto al ricorso o meno
all’ecotassa; il 51 % di fine novembre e l’attuale incremento, sono un viatico importante.
Accanto a tutto ciò rimane aperto il capitolo della revisione della erronea deliberazione della
precedente Amministrazione comunale concernente la TARI, che Legambiente ha posto
all’attenzione del Commissario Prefettizio Dott. Giuffrè.
La raccolta differenziata spinta, parte ovviamente dalla completa eliminazione dei carrellati
sulle vie cittadine, dall’utilizzo di pattumelle monofamiliari o di pattumelle e/o carrellati
multifamiliari e condominiali a seconda delle esigenze, dal rispetto rigoroso di orari, regole e
modi di conferimento su cui va migliorata nei contenuti e nella grafica l’informazione, dalla
individuazione di interventi efficienti che rispondano a chiamate dirette, che risultino rigorosi
e più elastici, in casi particolari (si sta avendo una evoluzione positiva nelle aree mercatali, ma
vanno valutate esigenze specifiche e soluzioni che consentano sempre la copertura giornaliera
in aree periferiche, ivi incluse le litoranee).
Legambiente ha apprezzato la rapida attivazione del centro comunale di raccolta (innanzitutto
riservato ai materiali non conferibili nella raccolta ordinaria), al quale va abbinato il secondo
centro Comunale di Raccolta e possono aggiungersi più piccoli e più diffusi centri di
prossimità in alternativa o in parallelo rispetto alla raccolta su chiamata.
E’ una buona soluzione il ricorso ad isole ecologiche mobili, ferma restando l’esigenza di
attivare o riattivare le isole ecologiche fisse, anche per dimostrare che il denaro pubblico è
stato ben speso.
Va infine realizzata una campagna informativa in merito ad essenziali punti di raccolta
concernenti rifiuti pericolosi (si pensi soltanto a pile e batterie), farmaci scaduti, oli esausti,
deiezioni canine ecc.
Il 51 % al momento raggiunto a Brindisi e giustamente oggetto della start up di Legambiente,
non è un obiettivo, ma una tappa intermedia verso il raggiungimento di quel 65% che per
legge avremmo già dovuto raggiungere e che ha un risvolto non soltanto di natura
ambientale, ma più generale per tutti i brindisini oggi tartassati da una TARI iniqua.