Questione energetica e Tap Si lasci la polemica e ci si confronti sul futuro della città
L’Europa ha deciso da due anni ormai di dare ai paesi membri l’obiettivo del 2030 come limite massimo entro cui eliminare il ricorso ai combustibili fossili (carbone,petrolio,metano) per la produzione energetica. La nuova politica energetica nazionale presentata nei giorni scorsi prevede addirittura una anticipazione al 2025 della eliminazione del carbone con la conseguente chiusura delle centrali (compresa quella di Cerano) alimentate con questo combustibile Queste scelte di rinunciare ai fossili per produrre energia sono dettate dalla urgenza di limitare quanto più possibile la produzione di CO2, quale causa principale del mutamento climatico le cui conseguenze stanno diventando devastanti. Se questo è il quadro nazionale e mondiale in cui si sta riorganizzando la politica della produzione energetica, che senso ha parlare ancora, per la centrale di Cerano, di decarbonizzazione, parola magica e di moda nei palazzi della Regione. Essa dovrà essere chiusa tra meno di 10 anni. C’è ancora qualche superstite del vecchio modello di sviluppo brindisino che propone una sua decarbonizzazione attraverso la riconversione a metano. Posizione legittima ma non condivisibile. Il gasdotto Tap è stato previsto, progettato e già in fase di costruzione sulla costa di San Foca. Chi, per giustificare il suo spostamento, ricorre tardivamente a proporre il sito alternativo di Brindisi non sa di cosa parla. La discussione di questi giorni va bene per le piazze virtuali ma non ha nulla di realistico. Una discussione sul nulla, esilarante perché priva di riscontri e di fattibilità. Il sito eventuale di Brindisi (ne erano stati individuati ben tre) fu scartato per il suo impatto a mare che come è noto è ricco di poseidonia. La trasformazione a metano della centrale di Cerano non è credibile e forse non compatibile con l’attuale suo assetto produttivo e tecnologico alla luce anche dei recenti investimenti realizzati per la sua ambientalizzazione (copertura del carbonile,interventi sui filtri,ecc.). È credibile una sua riconversione a metano? Chi se ne dovrebbe fare carico? Il mercato dell’energia alimentato ormai per più del 50% da fonti rinnovabili ha bisogno ancora di centrali a carbone o a gas? La strategia energetica italiana non sembra che vada in questa direzione. Anzi. E con quali risorse si dovrebbe costruire una nuova centrale (perché di questo si tratta) dal momento che nè il governo e nè l’Enel prevedono investimenti in questa direzione? Lo sforzo finanziario invece andrebbe rivolto alle fonti rinnovabili, all’efficienza energetica, al risparmio, alle innovazioni e alla ricerca. Il metano deve essere utilizzato per altro e non per aumentare una capacità elettrica già sovradimensionata rispetto allo stesso fabbisogno italiano. Classi dirigenti lungimiranti dovrebbero cominciare a costruire una alternativa. La chiusura della centrale dovrebbe diventare una opportunità per valorizzare competenze, imprenditorialità, professionalità che nel corso degli anni si sono formate a Brindisi. L’esperienza della centrale di Costa Morena non ha insegnato niente? Anche qui grovigli di interessi e di intrecci imprenditoriali coperti da atteggiamenti politici equivoci (come quelli che girano attorno a A2A) tengono in scacco un territorio e un sito di pregio per il futuro del porto e della città. La centrale di Cerano fu autorizzata agli inizi degli anni 80 per liberare la città dalla centrale di Costa Morena. Ma con A2A chi parla? Chi le dice che il suo compito è di bonificare il sito e renderlo fruibile e compatibile con le scelte urbanistiche e infrastrutturali della città e del porto? Non può essere Roma o Bari la sede della decisione. Si discuta allora di questo e a Brindisi!
C’è stata una precisa richiesta di confronto sulla città e sul suo declino al Governatore Emiliano da parte del Forum Ambiente, Salute e Sviluppo di Brindisi. Ad oggi tale richiesta è priva di riscontro. Tornando alla centrale di Cerano. Adesso si è in tempo per avviare un confronto con il governo e la sua nuova politica energetica e soprattutto con l’Enel per inserire il futuro del nostro territorio nelle nuove politiche industriali del gruppo, nelle tecnologie green, nel suo nuovo assetto verde. Gli investimenti futuri dell’Enel, aldilà di quelli necessari per la produzione energetica convenzionale, possono riguardare il nostro territorio? Anche in questo modo ci si può preparare al dopo uso dei combustibili fossili (e tra questi c’è il metano). Lo ripetiamo, il 2030 o il 2025 e’ tra pochi anni! Brindisi reagisca e se è in grado offra ad Emiliano e ai suoi ritardatari emuli elementi di valutazione diversi da quelli odierni. Deve essere la città a programmare il proprio futuro. Noi vogliamo essere protagonisti di questo cambiamento, con tutte le forze della sinistra che hanno in mente un futuro sostenibile per questa città. Ad Emiliano va ricordata la “partecipazione come diritto” dei brindisini prevista dalla sua stessa legge. In virtù della discussione in atto, le prossime scadenze elettorali politiche e amministrative possono essere ricche di contributi per costruire, partendo da Brindisi, una nuova politica energetica e ambientale regionale, coerente con i limiti e gli obiettivi nazionali ed europei. Brindisi si dovrebbe difendere così, guardando al suo futuro che non può essere rappresentato nè da un gasdotto che tutti sanno non potrà mai approdare sulla nostra costa nè potrà mai alimentare la centrale di Cerano e che, a sua volta, non potrà essere più alimentata a carbone. E si faccia presto perché la sua chiusura metterà in discussione una parte consistente della economia della città e del suo porto.
Coordinamento cittadino Art1