(m.c.) – Mancano ancora molti mesi all’appuntamento elettorale amministrativo brindisino, ma sono già in tanti ad agitarsi, alla disperata ricerca di possibili alleanze. L’obiettivo – a giudicare da ciò che abbiamo visto fino ad oggi – pare non essere quello di dare un governo stabile alla città e di traguardare alcuni risultati “mirati” per questo territorio. Piuttosto si va alla ricerca di candidati spendibili e del “voto in più” che può servire a vincere le elezioni. Su un dato, però, sembrano quasi tutti d’accordo: determinare le condizioni per un rinnovamento reale, con un distacco netto dalle ultime due esperienze amministrative. Un modo come un altro, insomma, per tacitare le proprie coscienze, tanto più se si considera che gli stessi che invocano il rinnovamento poi stazionano davanti ai bar ed elaborano strategie elettorali con chi ha vissuto intere stagioni politiche, alcuni dei quali ondeggiando tra destra e sinistra. Si avverte netta la sensazione, insomma, che il rinnovamento debba essere limitato a chi andrà ad occupare gli scranni del consiglio. Poi, se dietro le quinte c’è di tutto e di più conta poco. Una ipocrisia a pieno titolo, insomma, che non risparmia proprio nessuno. A questo si aggiunge un altro elemento che deve far riflettere. La destra e la sinistra sono alla ricerca di intese possibili, in maniera tale da potersi proporre per la guida della città. Ma entrambi gli schieramenti sanno bene di non avere i numeri per vincere. Si aggiudica la poltrona di primo cittadino chi riesce a coinvolgere quella massa informe che si trova in balia delle onde. Non si tratta – come semplicisticamente qualcuno continua a definirlo – di un fenomeno necessariamente negativo. Più che altro sono le migliaia di cittadini che non leggono giornali, non si interessano alle vicende cittadine, ma che pretendono (a giusta ragione) un buon governo della città. Vincerà chi sarà in grado di elaborare un programma spendibile, composto da pochi punti, ma di concreta possibilità di realizzazione. E bisogna smetterla con questa storia delle epurazioni (che ricordano tragici periodi della storia): deve farsi da parte chi ha sbagliato, chi ha in piedi un processo in cui tenta di far valere le proprie ragioni, certamente non chi ha creduto in un progetto e ci ha messo l’anima. Questa forzatura del buttare anche il bambino con l’acqua sporca è uno squallido sistema per consumare vendette personali ed eliminare possibili concorrenti alla vittoria finale. Si recuperino i tanti volti decisamente spendibili delle ultime esperienze amministrative (di maggioranza e di opposizione) e ci si metta intorno ad un tavolo per determinare le sorti della città. Ed in questo, chi spera di far contare la propria sigla di partito più della città “reale” avrà commesso un imperdonabile errore di partenza.