IL RICORDO DEL BRINDISINO FERRULLI, ASSO DELL’AERONAUTICA, NELLA MEMORIA STORICA DI ASSOARMA

Il ricordo di Leonardo Ferrulli, il brindisino asso dell’aeronautica militare, morto in combattimento 74 anni fa, di Giancarlo Sacrestano, ricercatore storico ASSOARMA

 

“Il sottotenente pilota Leonardo Ferrulli è nato a Brindisi il I° gennaio 1918 ed è morto a Scordia, in provincia di Catania, a 25 anni, il 5 luglio 1943.

Pilota pluridecorato, faceva parte del famosissimo 4° Stormo, quello che fu di Francesco Baracca, effigiato del cavallino rampante, lo stesso che ancora oggi troneggia sulle ferrari, di cui è divenuto il simbolo.

Tre medaglie al valore militare conquistate in vita e una quarta, d’oro, riconosciutagli post mortem a memoria del suo ultimo gesto d’eroismo lo collocano, a ragione, tra gli assi dell’aviazione.

5 luglio 1943, ore 14 e 20, campo di volo di Sigonella 30 km a sud ovest di Catania.

Domenica, 2 luglio, l’Associazione Arma Aeronautica, alla presenza del suo presidente, il Gen. Di Brigata Aerea Giuseppe Genghi e una delegazione di associati è stata apposta sulla casa natale in Via Lata a Brindisi, una corona d’alloro.

La cerimonia di commemorazione è proseguita presso la cripta del Monumento al Marinaio d’Italia, dov’è stata celebrata la consueta messa, promossa dalla sezione di Brindisi di ASSOARMA in memoria del pilota Brindisino.

Ad officiare il rito, don Sergio Vergari, il parroco della Chiesa di Cristo Re, di Brindisi, che ogni prima domenica del mese offre il suo ministero sacerdotale in suffragio di tutti i militari caduti.

Di seguito il ricordo di Leonardo Ferrulli, nella relazione del curatore delle ricerche storiche di ASSOARMA che ha preceduto la messa.

“Ferrulli, forse aveva già saputo della morte del suo capitano, Franco Lucchini, decollato da quel campo quella stessa mattina alle 10:25 e non rientrato, ai comandi di un Macchi M.C.202 che, dopo avere danneggiato diversi bombardieri era stato visto precipitare, con il tettuccio chiuso, a pochi chilometri ad ovest di Catania.

Il corpo di Lucchini fu ritrovato due giorni più tardi.

alle 14,20, appena riforniti, tre Macchi MC 202S del sottotenente Leonardo Ferrulli, del ten. Giorgio Bertolaso, padre di Guido, per diversi anni capo della Protezione Civile, e del serg. Giulio Fornalè, della 91^ squadriglia del 4° Stormo Caccia Terrestri decollarono dalla pista di Sigonella, riponendo le emozioni nei loro cuori.

Mi piace qui comunque pensare che nelle delicate fasi di decollo Aldo, così lo chiamava la madre, nel chiudere nel suo cuore gli affetti e le emozioni intense, abbia ripensato al breve consueto dialogo che intercorreva tra loro al momento dei saluti nella casa di brindisi:  “Aldo, non essere sempre tra i primi ad andare in volo…pensa anche a noi…”.

E la sua immutabile risposta, rassicurante ma ferma “mamma, se non ci vado io, chi deve andare a combattere contro il nemico?!”.

Il nemico, quel giorno, gli si parò davanti a 6mila metri di quota. 41 bombardieri quadrimotore B 17 scortati da 30 caccia lockheed P 38 “lighting” e un numero imprecisato di Spitfire a quota più alta.

La massiccia formazione era in fase di rientro dal bombardamento. Era la stessa formazione di volo che qualche ora prima aveva portato a morte il capitano Lucchini.

Mentre i tre Macchi facevano quota e si dirigevano sulla formazione nemica, i B 17 continuavano a ferire il territorio a sud ovest di Catania tra Gerbini e Scordia, dove insistevano almeno 6 campi di aviazione.

Nessuno era consapevole, ma quei bombardamenti avevano lo scopo di rendere inutilizzabili le vie di comunicazione ed i campi di volo in dotazione alla Regia Aeronautica italiana ed alla alleata Lufthwaffe tedesca. Erano le azioni di preludio allo sbarco nell’area sud orientale della Sicilia, che gli alleati anglo-americani avrebbero compiuto dopo una settimana.

La sparuta pattuglia dei Macchi, al comando di Ferrulli, tentò eroicamente di infliggere perdite al nemico e si lanciò contro i bombardieri cercando di evitare di essere impegnata dalla caccia avversaria.

Nonostante la grandissima differenza, Ferrulli riuscì a colpire un B 17 ed anche un caccia Lockheed.

Da quota maggiore, picchiarono gli Spitfire che, sfruttando la loro superiorità tattica, costringevano alla difensiva i Macchi.

Ferrulli, venne colpito.

Con un’ala spezzata del suo Macchi 202S e ferito egli stesso, abbandonò la lotta e tentò di rientrare.

Ma ogni sforzo fu vano.

Impossibilitato ad usare il paracadute e nell’intento di non cadere sul centro abitato di Scordia, per evitare di coinvolgere la popolazione civile, riuscì a portare il velivolo alla periferia, schiantandosi in un campo di grano.

A Scordia, non esiste una lapide, una piazza, una via titolata al sottotenente Leonardo Ferrulli.

Peccato.

Qualche anno fa un gruppo di cittadini scordiensi ha sollevato il caso e fatto richiesta pubblica perché si colmasse questa mancanza nei confronti di un eroe che ha preservato da morte certa, un non precisabile numero di cittadini di Scordia.

Sconfiggere l’oblìo è un dovere civile, ma molto più pervicace è l’indifferenza che veste i panni di sistema burocratico.

Noi qui, nel riportare alla memoria, Leonardo Ferrulli, in questo sacro luogo, invitiamo tutti a soffermarsi sulla testimonianza ai valori eterni della vita e della pace e che proclamarli, in alcune circostanze, porta ad immolarsi per il loro avvento.

I valori sconfiggono i confini tra le nazioni, tra le persone.

Ricordare Leonardo Ferrulli, pochi minuti fa dinanzi alla sua casa natale, ora qui,  a 74 anni dalla sua morte, significa affidargli il nostro bisogno di pace e di vita. Ferrulli volando nei cieli, senza vincolo di appartenenza, ha proclamato, rinunciando a vivere ed amare, che la pace, la nostra condizione da 72 anni è un bene prezioso che dobbiamo saper testimoniare.

Torna profetica la frase al limite dello sprezzo che Aldo rivolge alla madre, – “mamma, se non ci vado io, chi deve andare a combattere contro il nemico?!”.

Farla nostra questa esigenza, oggi, a Brindisi, a Scordia, in ogni luogo dove per la pace si è lottato e si è vinto col martirio, ci renderebbe partecipi di quel processo in continua formazione che è la pace”.

 

 

 

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