Le dimissioni di 17 consiglieri comunali e il conseguente commissariamento del Comune di Brindisi hanno scatenato una guerra che si sta combattendo essenzialmente sui social. I termini più gettonati sono “tradimento”, “irresponsabili”, “incapaci”, ecc.
La realtà è che da qualsiasi parte si voglia guardare, questa vicenda grottesca è intrisa di ipocrisia allo stato puro.
Partiamo dall’atto finale: scaricare tutte le responsabilità su Umberto Ribezzi è assurdo, se non addirittura ridicolo. E’ stato accusato di avere alzato la posta, di essersi fatto “comprare”, ma chi oggi lo accusa stava dall’altra parte esattamente qualche settimana fa, quando la mozione non raggiunse le 17 firme perché il salto della quaglia lo fece in direzione contraria Damiano Flores. Anche allora le “opposizioni” parlarono di campagna “acquisti”. Qualcuno oggi dovrebbe spiegarci cosa è cambiato da Flores a Ribezzi.
Sarebbe molto più logico partire dall’inizio ed analizzare il perché del fallimento dell’Amministrazione Carluccio.
Il primo dato, inoppugnabile, è che dopo il terremoto giudiziario che ha coinvolto la precedente Amministrazione, tentare di dar vita a coalizioni credibili in poche settimane è una impresa che non riesce quasi mai. E così è stato. Gli uomini della vecchia legislatura si sono divisi tra le due coalizioni principali, dando vita a intese che di programmatico non avevano un bel niente. La vittoria, come è ben noto a tutti, è stata nelle mani di Nando Marino fino all’ultimo momento. Poi sono intervenuti fattori scatenanti che hanno capovolto il risultato. Quello che ha inciso di più è stato il ricorso alla “brindisinità”. Ed è così che Angela Carluccio è diventata sindaco di Brindisi.
Ma tutti sappiamo sin troppo bene che essere eletti è solo il primo passo, forse anche quello meno importante. La cosa più difficile è tenere insieme una coalizione che non ha ideali alle spalle e, nel caso specifico, neanche un programma.
Qualcuno si è impossessato dello scettro del vincitore ed in tal modo la coalizione ha perso contemporaneamente ben cinque consiglieri comunali (il gruppo di Impegno Sociale). A quel punto andava riconvocato il tavolo di maggioranza e sanata la frattura prima ancora di dar vita alla Giunta. Così non è stato e quindi si è partiti con il piede sbagliato.
L’unica ricetta per compensare numeri più risicati non poteva che essere quella di puntare sulla qualità. E invece la sindaca ha inserito un paio di amici di famiglia (Del grosso e Carella) ed ha accettato nomine in gran parte poco rappresentative dalle forze politiche (con le debite eccezioni). Ne è venuto fuori un Esecutivo debole, non rappresentativo ed incapace di affrontare le tantissime emergenze della città. La prima cittadina ha tentato di compensare tanta debolezza battendo ogni record in quanto a deleghe trattenute per se.
Poi è iniziato il cammino. Una strada piena di paure, se è vero che la Carluccio si è guardata bene di riconoscere che molte cose della precedente Amministrazione erano valide e quindi andavano riprese e sviluppate. Ma anche paura di assumere decisioni importanti in tempi ristretti (far proseguire il lavoro al prof. Karrer per il Piano Urbanistico generale, dare il via ai tanti progetti già finanziati, tentare una soluzione radicale del problema rifiuti, proseguire il cammino di salvataggio della Multiservizi). L’unico vero atto di coraggio (condivisibile o meno, dipende dai punti di vista) è stato quello di rivoluzionare i compiti assegnati ai singoli dirigenti. Ma il lavoro è stato lasciato a metà e quindi si sono dispersi gli effetti benefici.
Nel frattempo, si è vissuto il dramma del “diciassettesimo” e questo ha determinato anche i vari cambi di Giunta che, ovviamente, non sono stati risolutivi.
La Sindaca, insomma, non ha avuto il coraggio di assumere l’unica decisione possibile: azzerare la Giunta, liberarsi dal fardello di un consigliere politico (Michele Errico) che ha contribuito a farle perdere autorevolezza (al limite, sarebbe stato molto più logico nominarlo vice sindaco), salvare al massimo gli unici quattro assessori “eletti” e dar vita ad un Esecutivo farcito di grandi competenze. Dopo di che si sarebbe dovuta presentare in Consiglio e verificare se c’erano i numeri per governare. A quel punto, ben difficilmente gli oppositori avrebbero raccolto 17 firme.
Oggi, invece, si grida al complotto. Ed in effetti, di complotto si è trattato. Ma chi ha governato la città deve ammettere di aver vissuto dieci mesi inconsistenti, da cui non è emersa alcuna reale capacità di governo della città.
Certo, le colpe vanno spalmate su tutti. Comprese le opposizioni. Ci si aspettava una azione più incisiva da parte di chi avrebbe dovuto pungolare il governo cittadino. Ed invece molti di loro hanno tirato a campare, limitandosi a sparare qualche colpo a salve di tanto in tanto.
Adesso si vivrà una lunga parentesi commissariale. E forse non sarà un male. Si potranno creare le condizioni, infatti, per far nascere coalizioni coese, basate su programmi e – perché no – anche con un’anima politica che certamente non guasta. La coalizione di Angela Carluccio potrebbe anche riprovarci, inglobando altre parti del centro destra, mentre a sinistra ci sono le condizioni perché nasca effettivamente una coalizione capace di proporre un modello di governo della città. Poi c’è il Movimento Cinque Stelle che deve ancora dimostrare (ovunque) di avere idee e capacità per sapere guidare una città.
Tutti insieme, invece, potranno far svoltare questa città firmando un “patto tra gentiluomini”. Bisogna dar vita ad una “black list” in cui inserire tutti i personaggi di oggi e di ieri che hanno fatto naufragare tante esperienze di governo e che continuano a rimanere a galla. Gente che rappresenta quel ventre molle della città che fino ad oggi si è spostato senza remore da una parte all’altra, determinando la vittoria del sindaco di turno.
Vorremmo aggiungere un’altra condizione essenziale: quello del consigliere comunale (men che meno quello di assessore) non può e non deve essere un mestiere (se non si è riusciti a realizzarsi nella vita è impossibile che si riesca a guidare una città complessa come Brindisi) e quindi si riempiano le liste di professionisti, operai, studenti, casalinghe, ma lasciando a terra l’esercito di “mestieranti della politica” che si è formato a Brindisi.
Sarà questo (insieme al salvataggio di tanti bei volti dell’ultimo consiglio comunale e di qualche assessore) il punto di partenza per voltare pagina. Il tempo per farlo questa volta c’è. Si tratta di dimostrare di averne effettivamente la voglia.