L’Arcivescovo Intini: “Il nostro Santo Padre Francesco è entrato nella Pasqua eterna!”

Il nostro Santo Padre Francesco è entrato nella Pasqua eterna!
Nonostante da mesi eravamo in trepidazione per la sua salute, il giorno di Pasqua avevamo gioito per
la benedizione Urbi et Orbi da lui impartita dalla Loggia della Basilica di San Pietro; la mattina del 21
aprile 2025, purtroppo è giunta la triste notizia della sua morte.
Il suo ministero di Vescovo di Roma, iniziato la sera del 13 marzo 2013, con un semplice ma incisivo:
Buonasera, si è concluso con l’augurio del mattino di Pasqua: Buona Pasqua a tutti.
Due saluti che racchiudono l’essenza non solo del ministero petrino di Papa Francesco ma anche la
sua parabola di vita e di fede.
Infatti, si potrebbe racchiudere la sua testimonianza di credente, di religioso e di pastore in tre immagini
che ci consegnano il profilo di un Papa che ha svegliato dal torpore la nostra Chiesa in affanno rispetto
al travolgente cambiamento dei tempi: l’uomo. il pastore, il profeta.

L’UOMO
Papa Francesco ha fin da subito manifestato la naturalezza del suo agire umano, che non si è sottratto
a gesti di vicinanza e contatto fisico con le persone che incontrava. Questo non significa che il Santo
Padre si ritenesse perfetto; infatti, anche lui spesso sottolineava l’asprezza del suo carattere, ma era
evidente la spontanea genuinità verso chi si avvicinava a lui per un saluto, un conforto, un gesto di
gentilezza nella semplicità. È stata la maturità dell’uomo che gli ha consentito di incontrare tutti con la
naturalezza cordiale del fratello, compagno di strada, e avvertire un po’ di disagio per il rigido protocollo
del cerimoniale.
Questo atteggiamento, umanamente semplice, è stato spesso equivocato ma lui l’ha voluto fortemente
perché voleva mostrare con i fatti il volto di una Chiesa che, fuori da ogni formalismo, mostra un volto
di madre e si mostra accogliente, nonostante le ferite e le fragilità che appartengono all’umanità che
non si vergogna di mostrarsi nella sua verità.
In modo semplice, concreto e diretto, Papa Francesco ha chiesto alla Chiesa di essere esperta in
umanità, non con i proclami e le teorie, spesso ideologiche, ma facendosi compagna di viaggio
dell’umanità.
IL PASTORE
Ci ha sempre spronati ad essere pastori con l’odore delle pecore, cioè profondamente legati al popolo
santo di Dio e attenti alle fragilità, che devono essere curate col balsamo della misericordia.
Pastori scelti da un popolo sacerdotale e chiamati al ministero sacro, che non è un titolo di privilegio,
ma un servizio, espressione del potere crocifisso di Cristo. Pastori in relazione intima con Dio, perché
non si inaridisca la fonte spirituale che ci sostiene; pastori che si sforzano di curare la relazione col
vescovo, ma anche tra di loro, in una comunione che diventa la prima, concreta testimonianza del
vangelo nei fatti, e non deve mai mancare la vicinanza del pastore alla gente, che attraverso relazioni e
legami genuini deve poter sentire la cura che Gesù aveva verso tutti, fino a commuoversi interiormente.
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Così è stato pastore Papa Francesco: guida ferma e dolce, che senza stereotipi clericali, ha saputo
indicare la strada al popolo, accarezzando le ferite, denunciando gli atteggiamenti antievangelici, dando
voce ai senza voce, spezzando la Parola e incarnandola nei contesti diversi dove le persone vivono,
illuminando il cammino di tanti che emarginati abitavano le periferie della vita e della società.
Un pastore secondo il cuore di Dio; penso che si potrebbe dire di lui quello che ha scritto di Gesù
nell’ultima sua enciclica Dilexit nos: «il modo in cui Cristo ci ama è qualcosa che Egli non ha voluto
troppo spiegarci. Lo ha mostrato nei suoi gesti» (DN 33). Con i gesti, Papa Francesco ha mostrato il
suo essere pastore in cerca della pecorella smarrita, pronto a indicare la rotta, a fare comunione e a
custodire il gregge dagli assalti del nemico.

IL PROFETA
Penso che non sia eccessivo usare questa categoria per riassumere il ministero petrino di Papa
Francesco. Come profeta ha seminato la parola del vangelo, senza limitazioni, suscitando approvazione
e accoglienza ma anche rifiuti e contrasti. Penso che saranno il tempo e la storia a dirci la fecondità di
questa sua opera profetica e quanto la Chiesa avrà fatto tesoro di questa feconda esperienza di servizio
e magistero.
Papa Francesco, sulla scia del Concilio Vaticano II, che ha cercato in tutti i modi di attuare, ha capito
che il cambiamento dei tempi chiedeva alla Chiesa non tanto di rivedere i contenuti della dottrina
cattolica, saldamente definiti e ben chiari, quanto di assumere nella sua missione uno stile sempre più
evangelico: “usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore…”, così come
si esprimeva San Giovanni XXIII all’apertura del Concilio Vaticano II, e a cui fece eco San Paolo VI
nel discorso di conclusione dello stesso Concilio: «Vogliamo piuttosto notare come la religione del
nostro Concilio sia stata principalmente la carità…L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma
della spiritualità del Concilio…Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul
mondo umano moderno…Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in
un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni necessità».
Papa Francesco ha incarnato questo paradigma conciliare ed è stato profeta di misericordia,
camminando come Buon Samaritano sulle strade faticose e spesso contradditorie dell’umanità, con
l’intento di servire l’uomo, soprattutto l’uomo fragile, scartato, emarginato, ferito, escluso, quello in cui
il Cristo si manifesta e vuole essere riconosciuto.
Questi giorni li viviamo come tempo di raccoglimento, di preghiera e di gratitudine per la persona e il
servizio apostolico di Papa Francesco, perché il Signore che lo ha fatto passare dalla Pasqua terrena,
celebrata nei segni, alla Pasqua eterna, celebrata nella verità, conceda a Lui il premio promesso ai servi
fedeli del Vangelo.
Alla nostra Chiesa diocesana di Brindisi-Ostuni chiedo di vivere localmente momenti di preghiera
comunitaria, di celebrare l’Eucarestia in memoria del Papa e di creare momenti di riflessione da
condividere eventualmente anche con la comunità civile.
Andiamo avanti nel cammino di Chiesa con fiducia e fede, consapevoli che lo Spirito Santo non ci farà
mancare quello che è utile per vivere l’autenticità della vita cristiana e gli uomini giusti capaci di guidare
con la saggezza del Vangelo la Chiesa in questo tempo difficile ma ricco di tante sfide che possono darci
l’occasione di testimoniare con coerenza e trasparenza il Vangelo.
Evitiamo di assumere sempre la parte di chi sa tutto e deve dare lezione su tutto, assumiamo uno stile
di umiltà e sobrietà e impariamo ad essere obbedienti a quanto lo Spirito Santo suscita nella Chiesa,
perché è avvilente, anche in questi giorni di cordoglio, constatare che c’è chi non si ferma nemmeno
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davanti alla morte e continua a disprezzare e criticare quanto Papa Francesco ha insegnato e operato
attraverso il suo ministero.
Serve, con umiltà, lasciarsi educare dal vangelo di Cristo, anziché sentirsi difensori di una dottrina che
non trova realmente agganci nella vita concreta e giudici implacabili in nome di un Dio ridotto a schemi.
Raccogliamo l’eredità di Papa Francesco concentrata in quel Spes non confundit, è la speranza che non
delude e sostiene il nostro pellegrinaggio terreno anche nelle lotte più cruente della vita; siamo
consapevoli che nessuno si salva da solo e perciò abbiamo il dovere di collaborare alla costruzione di
comunità dove tutti si sentano fratelli e nessuno si sente escluso.
Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario! (EG 80).
Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione! (EG 83).
Non lasciamoci rubare la speranza! (EG 86).
Non lasciamoci rubare la comunità! (EG 91).
Non lasciamoci rubare il Vangelo! (EG 96).
Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno! (EG 100).
«Le sfide esistono per essere superate. Siamo realisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la
dedizione piena di speranza! Non lasciamoci rubare la forza missionaria!» (EG 109).
Questa è la strada tracciata da Papa Francesco, questa è la sua eredità, questa è per noi la sfida in un
mondo in cambiamento.
Faccio mio l’invito dell’autore della Lettera agli Ebrei e lo rivolgo a tutta la Comunità diocesana:
«Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente
l’esito finale della loro vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!» (Eb 13,
7-8).
Il Signore conceda il premio e la pace eterna al Suo Servo e nostro Papa Francesco!
Brindisi, 25 aprile 2025
Venerdì fra l’Ottava di Pasqua

  • Giovanni Intini
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