Nuovo capitolo sulla lunga storia della costruzione alle spalle della Fontana Tancredi di Brindisi, in via del Lavoro al rione Minnuta. Dopo che, a metà febbraio, l’impresa EdilMic ha ripreso i lavori, nonostante ancora in atto il procedimento di verifica permessi della Provincia, le associazioni sono montate sul piede di guerra. E ieri, l’hanno spuntata: l’Ente ha annullato il permesso a proseguire i lavori.
Prevale l’interesse pubblico sul bene monumentale rispetto agli interessi privati della ditta costruttrice, seppur titolare di concessione edile. La EdilMic, inoltre, da verifiche catastali non risulterebbe proprietaria dei terreni perché chi li ha venduti al titolare di impresa nel 2015 non ne sarebbe a sua volta proprietario ma solo enfiteuta. Più che altro questi vincoli di usufrutto (tale è l’enfiteusi) risalgono a tempi tanto lontani che far girare la testa. La Provincia e le associazioni che si battono per il “no” all’edificazione alle spalle della Fontana (Italia Nostra Italia Nostra, Legambiente, Fondazione Tonino Di Giulio, Touring Club Italiano – Club territoriale di Brindisi, Amici dei Musei, Club per Unesco Brindisi, A.C.L.I. Città di Brindisi), attraverso i loro legali e dirigenti di settore, sostengono che i terreni (andando a ritroso nel tempo) sono dell’istituto diocesano Brindisi-Ostuni di sostentamento del Clero, che nel lontano passato concesse il terreno in enfiteusi. E, dunque, che “EdilMic si rifaccia con l’ultimo enfiteuta che ha venduto come se fosse proprietario, o sul notaio rogante che prima della stipula non ha individuato gli intestatari catastali, o con Comune che ha mai revocato autorizzazione a costruire” dicono le associazioni.
Dal canto suo la EdilMic si è presa la briga di scartabellare negli archivi di stato di Brindisi fino a scoprire che per una legge successiva all’Unità d’Italia aveva passato i beni dai religiosi allo Stato che li poi messi all’asta. Dunque, qualcuno quel terreno lo comprò.
Si apre ora la battaglia sulla proprietà. E si parla già di Procura.