«Nessun posto di lavoro va perso, diciamo No alla chiusura del petrolchimico di Brindisi». Questo è il grido che si è levato forte nel corso dell’assemblea pubblica promossa dalla Cgil di Brindisi a cui hanno preso parte i vertici locali, regionali e nazionali del «sindacato del quadrato rosso».
All’iniziativa pubblica organizzata dalla CGIL Brindisi nella sala conferenze dell’Hotel Orientale, c’erano, tra gli altri, Massimo Di Cesare, Segretario Generale CGIL Brindisi; Antonio Frattini, Coordinatore Regionale FILCTEM CGIL Puglia; Marco Falcinelli, Segretario Generale FILCTEM CGIL; Loris Scarpa, Coordinatore Settori Energia e Siderurgia FIOM CGIL Nazionale; Gigia Bucci, Segretaria Generale CGIL Puglia; Pino Gesmundo, Segretario Confederale CGIL Nazionale; Serena Triggiani, Assessora alle Crisi Industriali Regione Puglia; il parlamentare Claudio Stefanazzi del partito Democratico; il senatore Mario Turco, il deputato Leonardo Donno, entrambi del Movimento 5 Stelle, e il consigliere comunale Roberto Fusco; il sindaco di Brindisi Giuseppe Marchionna. Hanno inviato i loro saluti, perché trattenute da impegni istituzionali, On. Valentina Palmisano – Europarlamentare M5S e l’On. Patti L’Abate – M5S Vicepresidente Commissione Ambiente.
«Diciamo no alla chiusura del cracking e all’abbandono del sito da parte di ENI Versalis. Vogliamo dare voce agli oltre 1.400 lavoratori dell’indotto, il 61% dei quali sono chimici. Senza l’unità con i lavoratori diretti, non c’è prospettiva», ha detto chiaramente Massimo Di Cesare. «Diciamo anche No alla politica dei due tempi: quella della chiusura immediata del cracking e quella degli investimenti poi su cui non c’è ancora alcuna certezza e che se anche dovessero concretizzarsi arriveranno dopo anni. Non si perda neanche un posto di lavoro. Questa è la nostra parola d’ordine».
Antonio Frattini, Coordinatore Regionale FILCTEM CGIL Puglia: «La chimica di base serve ancora al Paese non possiamo dismettere un asset industriale così importante e poi essere costretti in futuro magari ad importare quelle materie che oggi produciamo condannandoci ad una dipendenza da altri paesi».
Marco Falcinelli: «Bisogna partire da due dati fondamentali, che la chimica di base nel nostro paese fornisce l’80% dei suoi prodotti a tutti gli altri settori industriali, quindi è logico viene da se che se si da un colpo ferale alla produzione chimica, nel nostro paese non si mette in difficoltà solo l’industria chimica, si mettono in difficoltà a tutti gli altri settori industriali che a valle utilizzano la chimica. Il piano che l’Eni continua a spacciare per piano di riorganizzazione, in realtà è un piano di dismissione dell’attività della chimica. Anziché fare profitto con la produzione industriale vuole farlo con la finanza. Siamo al paradosso che Eni, azienda partecipata al 30% dallo Stato non fa quello che gli chiede di fare lo Stato, ma è esattamente l’opposto».
Loris Scarpa: «Le tre gambe su cui poggia il sistema manifatturiero – chimica, siderurgia ed elettronica – stanno vivendo una situazione di crisi senza precedenti. E in tutti e tre i casi non centra nulla la questione della decarbonizzazione, ma manca una gamba: il capitale pubblico dove è finito? Il capitale pubblico non può essere solo utilizzato come cofinanziamento di iniziative industriali senza condizioni. Ci devono essere vincoli precisi. Per questo metalmeccanici e chimici sono andati a Bruxelles. Rispetto all’industria l’Europa sta a guardare sul capitale pubblico. In questo momento non c’è un tavolo di trattativa sulle scelte di Enel e di Eni». Il Coordinatore Settori Energia e Siderurgia FIOM CGIL Nazionale ha infine evidenziato l’importanza di unire gli indotti e i diretti in una stagione di lotta sui petrolchimici da nord a sud.
Gigia Bucci ha sottolineato l’importanza di valorizzare il lavoro svolto e di stare sempre più uniti: «La Cgil è in grado di capire cosa sta accadendo sul versante industriale, l’occasione è troppo importante per ridurre la discussione ad una singola vertenza». La segretaria generale della Cgil Puglia ha evidenziato che «il profitto si è staccato dal lavoro e che questo ha portato a calo delle produzioni. Calo del lavoro, aumento delle disuguaglianze sociali». La segretaria Bucci sottolineato la necessità di ricucire le tante vertenze e di tenere uno sguardo di insieme e ha concluso: «Non ci può essere transizione giusta senza una transizione sociale, economica e finanziaria».
Pino Gesmundo, Segretario Confederale CGIL Nazionale ha concluso: «Siamo fortemente preoccupati. Chiudere la chimica di base colpisce l’80% delle produzioni industriali del Paese. Ogni lavoratore diretto genera tre posti nell’indotto. Chiudere la chimica di base significa esporre il nostro paese a un condizionamento di prodotti della chimica di base per far funzionare la nostra industria, dall’estero. Eni ragiona come fosse un fondo di investimento qualsiasi e non come una partecipata pubblica. Il rapporto è 1 a 3, ogni lavoratore diretto produce 3 lavoratori dell’indotto, quindi per Brindisi sarebbe un grande disastro sul piano occupazionale, coinvolgerebbe i lavoratori della meccanica, i lavoratori delle pulizie, ma penso anche al porto, penso al sistema industriale complessivo del paese. Brindisi è una polveriera sotto questo punto di vista, se colleghiamo la chiusura dell’Eni insieme alla vicenda della centrale di Cerano, stiamo dicendo che questa città diventa una città dove non c’è più occupazione, non c’è più buona occupazione».
Massimo Di Cesare
Segretario generale
CGIL Brindisi