Batterie nel Petrolchimico. Restano aspetti da chiarire…

Ci sono ancora tanti timori per i lavoratori del Petrochimico di Brindisi. L’annuncio riguardante la decisione del gruppo Eni di chiudere il cracking ha generato tensioni per un possibile abbandono dello stabilimento brindisino.

Timori che, alla luce delle dichiarazioni fatte proprio dai vertici Eni e Versalis, sarebbero ingiustificati. A Brindisi, infatti, per il futuro si sta pensando di realizzare un impianto per il recupero della plastica, ma soprattutto una gigafactory per la produzione di batterie da utilizzare per l’accumulo di energia. Il che potrebbe comportare, a regime, addirittura una crescita occupazionale.

Si scopre, però, che il nuovo impianto verrebbe realizzato non direttamente dall’Eni, ma da una società compartecipata tra Eni e la SERI Industrial. Si tratta della stessa società che entrerà a far parte del team per il salvataggio di Industria Italiana Autobus insieme ad un partner cinese.

E poi la notizia, pubblicata dal Corriere della Sera, relativa alla crisi finanziaria della svedese Northvolt, la prima azienda in Europa ad aver realizzato proprio una gigafactory di batterie, impiegando 1.600 lavoratori, il cui futuro adesso è diventato a rischio.

Il tutto, provocato dal mancato decollo della mobilità attraverso l’elettricità. Se ne parla ovunque, ne hanno fatto tutti una bandiera in campo ambientale, ma proprio non si riesce ad intravedere un futuro roseo per il settore. Il tutto, proprio a causa dei prezzi altissimi delle batterie.

Ebbene, nascono proprio da qui le perplessità sul futuro di Brindisi e del suo Petrolchimico ed ovviamente tutti si augurano di essere smentiti dai fatti. Ma le premesse, è inutile negarlo, non sono delle migliori.

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no_fumo_torchiarolo

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