Sciarra: Il destino travagliato di un “Capannone”

        

Sino a quando ci soffermeremo a recriminare sugli effetti e non sulle cause che li hanno determinati, non riusciremo mai a eliminare il problema alla sua radice. Per esempio, è più importante addolorarsi per aver perso uno spettacolo, il Cinzella festival, o indignarsi e incavolarsi per essersi ritrovati con il capannone ex Montecatini inagibile?

            Intanto è bene ricordare che il “Capannone” è considerato un mirabile esempio di archeologia industriale e che per la sua importanza storico–architettonica ha un vincolo ai sensi della legge n. 1089 del 1939 che disciplina appunto la salvaguardia dei beni monumentali.

            Del restauro del “Capannone” si inizia a parlare nel 1999 e nel 2004 l’AP bandì una gara per “lavori di completamento del recupero statico e restauro delle coperture e dei portali lignei” per l’importo complessivo di 2.582.284 euro, opere finanziate con fondi rivenienti dal D.M. 02/05/2001 (Autostrade del Mare). Restauri importanti e dispendiosi, ma sono bastati vent’anni di sventata “sbadataggine” per renderli vani e dichiararlo inagibile a causa di problematiche strutturali rilevate dallo stesso ente proprietario del bene, cioè l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, responsabile della manutenzione di un proprio bene oltretutto soggetto a vincolo.

            Ma i veri guai del “Capannone” sono iniziati quando è stato deciso di “escluderlo” dalla cintura doganale nella quale era inserito, secondo logica e secondo il primo progetto, quello appaltato, poi variato in corso d’opera. Ed è anche bene sottolineare il controsenso e lo spreco di risorse che successivamente sono state impiegate per banchinare e rendere funzionale per gli ormeggi il tratto di costa antistante, il ché, secondo il buon senso, avrebbe avvalorato ancor di più l’utilizzo del capannone come terminal passeggeri. Invece ora si trova del tutto intercluso tra la caserma portuale dei VVFF e la retrostante scarpata, logisticamente di difficile utilizzo per le attività civili e, per volontà dell’AdPMAM, da quelle che erano sempre state previste dallo stesso ente, cioè portuali per il transito passeggeri.

            L’Esclusione dalla “cintura” fu, quindi, una decisione incomprensibile che rese incerto il suo destino nonostante lo stesso Ente portuale avesse bandito alcuni anni prima un concorso di idee per il suo utilizzo come stazione marittima. Ma la volontà, meglio dire il chiodo fisso, dell’ormai ex presidente dell’AdSPMAM era quello di cederlo all’Amministrazione comunale, ma perché? Non poteva neanche essere scambiato come un favore istituzionale, un “regalo” all’Amministrazione comunale grazie a ottimi rapporti tra i due enti dal momento che questi erano notoriamente pessimi, al limite dell’idiosincrasia. Una vicenda che a primo acchito porterebbe alla mente, per certi versi, i tentativi di Totò nel vendere ad uno sprovveduto turista italo-americano la fontana di Trevi. Può essere plausibile immaginare che non s’intendesse, evidentemente, disfarsi solo del capannone ma anche dell’idea che il seno di Levante potesse svolgere una attività portuale completa con i necessari e indispensabili servizi di supporto.

            Vi possono essere idee diverse sullo sviluppo di alcune zone ma devono essere sempre supportate da una chiara visione d’insieme. Del Capannone ex Montecatini e dell’area si S. Apollinare si è anche ipotizzato un uso come “quartiere fieristico polifunzionale”, ultimo in ordine di tempo a sostenere tale idea è stato il presidente di CNA Franco Gentile.  Un’utilizzazione del genere, o comunque dedicata ad eventi, sarebbe comprensibile e giustificabile solo se si restituisse alla città tutto il seno di levante, per intenderci dal capannone alla ex stazione marittima, rimuovendo ovviamente quel tratto di cintura doganale, ma si consideri che per un tale utilizzo – quartiere fieristico o ludico per eventi – si ha bisogno anche di grandi spazi per parcheggi e servizi, potrebbe andare bene il piazzale di S Apollinare ma come si sa, secondo il PRP è destinato ai passeggeri dei futuri accosti.

            Ma ritorniamo alle condizioni in cui oggi versa il “Capannone”, di chi è la responsabilità  di ciò? E’ indubbio che sia dell’AdSPMAM, ente proprietario, e quindi del suo (ex) presidente Ugo Patroni Griffi che dovrebbe spiegare perché, nei suoi non pochi anni di reggenza dell’Ente portuale (dal 2017 ad oggi sono ben sette anni), non si sia mai posto tale problema ma unicamente quello di disfarsene.
                        Giorgio Sciarra

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