Brindisi sta vivendo un periodo di crisi gravissima che mette a repentaglio la sopravvivenza del sistema industriale locale. Il grido di allarme lo abbiamo lanciato in tempi non sospetti sulla base della programmazione della fase di transizione che avrebbe dovuto fare seguito alla decarbonizzazione. In realtà, tale processo non è mai stato attivato ed ancora oggi si discute senza generare fatti concreti e tutto questo avviene mentre l’Enel ha addirittura anticipato il “phase-out” visto che la centrale Federico II è sostanzialmente ferma da settimane. Il che determina una crisi economica ed occupazionale senza precedenti per le tante aziende che per decenni hanno operato nell’ambito dell’indotto. Non è un caso, infatti, che alcune realtà storiche abbiano chiuso i battenti, indebolendo un patrimonio di competenze e di professionalità che ha sempre rappresentato il principale strumento di attrazione territoriale per Brindisi.
Ma la dismissione della centrale non rappresenta l’unico dramma per le aziende brindisine. Come è noto, Basell ha chiuso definitivamente un impianto di grande rilevanza strategica come il P9T, mentre è incerto il futuro dello stabilimento farmaceutico EuroApi, così come non sono chiare alcune scelte imprenditoriali di Jjindall. Ed è di questi giorni l’ennesima penalizzazione subita dal nostro tessuto imprenditoriale. Importanti commesse riguardanti le attività dell’ENI all’interno del Petrolchimico, infatti, sono state assegnate ad imprese che hanno sede in altre regioni. Uno vero e proprio schiaffo a Brindisi ed alle sue necessità, anche sulla base delle ottime performance ottenute fino ad oggi nell’esecuzione degli interventi di manutenzione oggetto delle stesse gare.
E’ evidente che il territorio non è ancora in grado di pretendere rispetto dalle grandi committenze presenti sul territorio, così come probabilmente non sono ancora ben chiari i contorni di una crisi che rischia di sfociare in gravissime conseguenze anche sul piano sociale, oltre che economico.
Nei “tavoli” convocati a più livelli, pertanto, si discuta anche in termini perentori di questi aspetti. Brindisi, insomma, non vuole corsie preferenziali che non le sono dovute, ma pretende il rispetto che altrove viene garantito a chi – come il mondo degli indotti produttivi – assicura lavoro e crescita economica.