Si svolgerà il 29/30 settembre e l’1 ottobre anche a Brindisi un’altra edizione dell’Appia day che segue le iniziative dell’amministrazione comunale e di tante associazioni per il riconoscimento UNESCO dell’Appia antica. Tra queste proposte mi sembra molto interessante e innovativa quella di fare dell’area del Cillarese (canale e bacino) il parco terminale dell’Appia antica.
La sua valorizzazione può diventare certamente un progetto di grande rilievo non solo storico ma anche di sviluppo turistico ed economico. La certezza storica e infrastrutturale, se non l’ovvietà, è che l’Appia iniziava a Roma e finiva a Brindisi. E dopo il parco dell’Appia antica di Roma realizzare quello dell’Appia antica di Brindisi darebbe valore all’intero tracciato.
I Romani realizzavano le strade per logiche militari, di dominio e di espansione ma mentre le costruivano attorno ad esse si realizzava sviluppo e, come diremmo nei giorni nostri, attrazione di investimenti. A dimostrazione che le infrastrutture, da sempre, non servono solo per far transitare uomini e merci ma creano anche altre utilità, culture e civiltà.
La via Appia e la Traiana hanno rappresentato, per la loro parte terminale nel nostro territorio, fattore di sviluppo, di modernizzazione anche nel settore agricolo e vitivinicolo. Le derrate alimentari e il vino necessari per approvvigionare le truppe che si imbarcavano dal porto di Brindisi, terminal della via Appia e della via Traiana, venivano prodotti in questa area. La viticoltura fu portata nei nostri territori dai messapi ma ebbe un salto di qualità e anche di quantità proprio con i Romani. Il porto di Brindisi raggiungibile con la via Appia e con la Traiana per ragioni prima di carattere militare e poi per il ruolo che contestualmente veniva ad assumere anche dal punto di vista commerciale nel mediterraneo diventò fattore di sviluppo territoriale. E non a caso i romani nel fare le strade sceglievano tracciati dove era possibile sviluppare, incrementare o realizzare attività agricole necessarie all’approvvigionamento di derrate alimentari per i propri soldati e per i bisogni della vita quotidiana.E si costruivano tracciati preferibilmente vicini a corsi d’acqua. Il vino era un alimento indispensabile così come l’olio anche per bisogni non solo alimentari.La viticoltura e l’olivicoltura della campagna che arrivava fino a Brindisi si sviluppano così. La testimonianza più importante è rappresentata, oltreché dalla fertilità dei terreni brindisini, dalla presenza delle fornaci di anfore utilizzate per il trasporto via mare di vino e di olio.
Mentre allora si definiscono i contenuti per partecipare alla più ampia progettazione per la valorizzazione dell’Appia antica per il suo riconoscimento UNESCO sarebbe opportuno conoscere bene e con precisione il vero tracciato della stessa nei nostri territori e in particolare quello brindisino, senza farsi condizionare dal recente vissuto o da riferimenti relativi all’attuale via Appia. Il tracciato non è certamente quello che comunemente abbiamo conosciuto in epoca moderna, la vecchia statale poi trasformatasi nell’attuale superstrada che porta a Taranto.
Gli storici locali e non solo loro sostengono che il tracciato della vera Appia antica sia quello della vecchia strada per Mesagne oggi strada comunale per lo Spada e Casignano. Una parallela della statale e costeggiante i canali (Capece, Galina, Cillarese) che allora bagnavano le campagne del territorio e arrivavano fino al seno di ponente del porto di Brindisi. Come Tenuta Lu Spada abbiamo recuperato la vecchia vocazione vitivinicola di terreni che si trovano a ridosso di questo tracciato o, come sostiene qualche storico, addirittura attraversati dall’Appia Antica.
Bisogna evitare allora che in qualsiasi progetto di valorizzazione della regina viarum prevalgano inutili sovrapposizioni di studi e progetti ma sopratutto approssimazioni e superficialità storiche dal momento che può essere una occasione utile per ridare identità e riconoscibilità ai nostri territori attraversati dall’Appia antica. Servirebbe per dare un po’ di lungimiranza e conoscenza agli stessi amministratori locali per salvaguardare i tracciati e una vera segnalazione lasciando così alle future generazioni le tracce e i luoghi giusti del passato e non solo semplici nomi o addirittura segnalazioni artificiose oppure una inutile interruzione a causa di un altrettanto inutile attraversamento ferroviario.
Ma la conoscenza dell’antico tracciato serve anche ad evitare eventuali interventi di aggressioni e stravolgimenti paesaggistici che si potrebbero tuttora realizzare sul reale percorso dell’Appia antica facendo scomparire qualsiasi riferimento reale ad un “bene culturale e comune”. Così anche la valorizzazione dal punto di vista turistico ed enogastronomico della via Appia non sarebbe solo una proposta costruita sulla carta per ottenere un po’ ’ di finanziamenti ma avrebbe il suo ancoraggio reale e storico.
Esistono in questo momento le premesse affinché tutte le congetture e gli studi del passato possano trasformarsi in una indagine seria approfondita con metodo rigoroso e multidisciplinare e che veda coinvolti molti autorevoli attori (Soprintendenza, Ministero della Cultura, Università del Salento, Università di Amsterdam …). Ci si aspetta che prevalga tra gli studiosi l’amore per la verità ed il rispetto del metodo e del rigore scientifico piuttosto che, come avveniva nel passato, le stigmatizzazioni e i pregiudizi.
Esistono altresì le premesse per riunire gli enti pubblici, i soggetti economici, le associazioni ambientaliste in un sistema che abbia anzitutto l’interesse per la difesa e la promozione del territorio
Si spera che anche chi lavora al progetto del riconoscimento UNESCO possa dare un contributo per far conoscere e salvaguardare la vera Appia antica e il tracciato che, attraverso i comuni coinvolti, era utilizzato per raggiungere il porto di Brindisi.
Carmine Dipietrangelo
Tenute lu spada