Gruppo Dema, si sta raccogliendo ciò che si è seminato, nessuno stupore se si verificasse il fallimento.
Per anni La Dema, poi dopo l’acquisizione della ex Gse diventata un gruppo, ha manifestato le difficoltà che oggi si sono conclamate con uno sciopero, stupefacente pensare che forse la protesta andava fatta molto tempo fa, ma in realtà in moltissimi sostenevano che anche se lo stipendio arriva costantemente a rate l’importante è che ci arrivi, incuranti del fatto che quello era semplicemente il frutto di una politica che alimenta il montante debitorio e non si allineava mai al break even point.
I dipendenti ovviamente si servono delle Organizzazioni sindacali per decifrare il futuro e pertanto affidano il proprio futuro in esse, se quel sindacato si dota invece di momenti di favoritismi fa fatica a distogliere quella miopia dalle nefandezze gestionali dell’imprenditore.
Quello che oggi accade nel gruppo ha invece oltre alla miopia sindacale, un importante responsabilità del management che pur ricevendo laute ricompense ha incanalato una serie di insuccessi che porteranno i quasi 200 dipendenti alla disoccupazione.
L’ing. Vaghi da quando è arrivato a gestire il gruppo, dotandosi di collaboratori alcuni dei quali sono risultati dei dilettanti allo sbaraglio, e di cui sarebbe opportuno conoscerne le remunerazioni, è riuscito in una operazione senza precedenti: ha perso milioni di euro di commesse, ha dichiarato centinaia di esuberi presso il Ministero dello Svilupo Economico, ha richiesto ed in parte ottenuto finanziamenti pubblici per milioni di euro, ha dilaniato le risorse di Bybrook Capital per diversi milioni di euro senza mai produrre un centesimo di utile, sta riuscendo nell’intento di distruggere sia il reparto compositi della ex GSE che ridimensionare il montaggio, non ha fatto mai manutenzione sugli impianti e quindi risulteranno fuori norma ed insicuri per gli operatori e quindi bisognerebbe premiarlo in quanto nella stopria dell’industria Italiana mai si era visto uno scempio di tali dimensioni, soprattutto nel mezzogiorno d’Italia.
Sarebbe invece carino sentire cosa ne pensa l’azionista di tutto ciò, non credo che abbiano le stesse intenzioni della Caritas Diocesana e pertanto non producendo alcun utile, a prescindere dalla guerra in Ucraina e dalla pandemia, dove tutte le società del settore hanno lavorato, oggi, prima che sia troppo tardi bisognerebbe chiamare un soggetto all’altezza della situazione per gestire il gruppo mandando a casa tutti i dirigenti dall’Ing. Vaghi ale Finncial al responsabile delle risorse umane, oppure rimettere in vendita ad un prezzo congruo ciò che resta delle macerie prodotte, non penso che Brindisi e l’Industri italiana in generale possano aspettare che questi soggetti producano ulteriori guai, pertanto prima s’interviene meno peggio sarà. Alfio Zaurito Segr. Uilm Brindisi