Macchia: «Il porto mantenga la polifunzionalità e punti anche su logistica, traffici commerciali, nautica da diporto e turismo»
Un porto che mantenga la sua caratteristica peculiare: la polifunzionalità. Un porto in cui si sviluppino la logistica, i traffici commerciali, il turismo. E non un porto a vocazione prettamente industriale – che non è mai esistita e a cui pian piano si sta arrivando – ridotto a “stazione di servizio” delle fonti fossili. Tra l’altro con numeri legati all’occupazione ed alla economia del territorio sempre meno consistenti rispetto a quelli che il traffico di combustibili generava negli anni passati.
Il dibattito rinfocolato negli ultimi giorni sul porto di Brindisi dimostra, se non un chiaro disegno di marginalizzazione a cui si vuole condurre lo scalo del capoluogo messapico, quantomeno ad una miopia nelle scelte strategiche di un tanto decantato ma quanto fantomatico sviluppo reale del porto.
A farci comprendere la via maestra da seguire, dal momento che in loco pare si sia smarrita la bussola, è chi – venendo da fuori – ha scelto Brindisi per le sue caratteristiche. Se l’Onu ha scelto la sua sede importantissima nel capoluogo messapico, non è un mistero, ma è perché ha tutti i requisiti per diventare la più importante base logistica del Mediterraneo. E abbiamo tutti sotto gli occhi quanto la base sia cresciuta in 21 anni e le ricadute positive sul territorio finanche con l’istituzione di corsi di laurea.
E perché allora questa rotta non può essere seguita anche dai nostri “attori” locali se è vero che si tiene a rilanciarne le attività? La questione è squisitamente politica e il “peccato originale” è quello di aver sacrificato sull’altare della Riforma del Rio l’Autorità portuale di Brindisi, che è finita inglobata suo malgrado nell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Meridionale (AdsP MAM). A farne le spese però non è solo Brindisi ma l’intero sistema Salento. Anche Lecce – così come con l’aeroporto – dovrebbe sentire suo il porto di Brindisi.
Brindisi deve rivendicare la sua autonomia, combattere con maggiore incisività la battaglia per il mancato riconoscimento di porto “core” e rivendicare l’inserimento nelle reti Ten-T. Perché è su questo terreno che si vince la sfida per lo sviluppo – si riescono ad attrarre gli importanti finanziamenti Europei – e si creano prospettive non solo per Brindisi ma per l’intero Salento.
Occorre fare sistema e recuperare la gestione della più importante infrastruttura del territorio altrimenti il porto resterà ai margini, il traffico passeggeri e crocieristico resterà concentrato nel capoluogo di Regione e Brindisi resterà un porto destinato prettamente ad attività industriali come del resto viene dichiarato.
Due dati recenti su tutti. Il primo: il porto di Brindisi ha conosciuto una ripartenza importante nei traffici di rinfuse solide +86% (nel primo trimestre 2022) e ciò è legato prevalentemente al ritorno del carbone per alimentare la centrale di Cerano (fonte AdsP MaM).
Il secondo: l’AdsP MaM investe 36milioni di euro per riqualificare il Molo di San Cataldo e creare un bacino da destinare ai maxy yacht. E a Brindisi perché no? E la cantieristica navale brindisina che vanta una storia di aziende secolari che fine farà? Sarà fagocitata da altri porti come lo è stato il fiorente traffico passeggeri negli anni passati?
Quanto al nuovo piano regolatore del porto, che risulterebbe pressoché inutile, se la decisione è quella di relegarlo a mero porto industriale, quando sarà disponibile una prima bozza di proposta? E perché caso unico in Italia si affida alla Sogedsid (società in house del Ministero delle Infrastrutture) la redazione del Piano regolatore portuale quando dovrebbe essere la struttura tecnica dell’Autority ad occuparsene in maniera principale? E perché i nomi dei 20 professionisti scelti con tre gare di evidenza pubblica sono secretati?
La Cgil di Brindisi invita la politica, a riappropriarsi delle sue prerogative tra cui quella di decidere per lo sviluppo ed il benessere del proprio territorio che passa per il porto di Brindisi. Il porto di Brindisi deve rimanere polifunzionale e non deve essere confinato a “stazione di servizio” di carbone e gas, deve essere generatore di ricchezza per Brindisi e il Salento, deve puntare su turismo, traffici commerciali, nautica da diporto, ma soprattutto sulla logistica che è un generatore enorme di investimenti e posti di lavoro. La politica si riappropri del suo ruolo ed abbia una visione prospettica del porto di Brindisi per farne la piattaforma logistica del Mediterraneo.
Antonio Macchia
Segretario Generale
Cgil Brindisi