Lo speciale TG1 del 19 settembre
e la possibilità di creare nuovo sviluppo sostenibile e «lavoro buono»
Lo speciale TG1 del 19 settembre, in cui si parla dell’inquinamento prodotto nel passato, non deve essere piaciuto a qualcuno qui a Brindisi.
Gli interventi sulla situazione ambientale e sanitaria nel servizio sono apparsi sbilanciati. E di certo lo sono rispetto alla narrazione dominante. Dove appunto i problemi sanitari legati alle esposizioni ambientali, evidenziati negli anni da movimenti, ricercatrici e ricercatori indipendenti, sono posti in secondo piano rispetto alle necessità della produzione industriale. Costi quel che costi.
Chi si è dispiaciuto dello Speciale TG1 non nega però i fatti scientifici del passato. Ovvero non nega che in passato ci siano state criticità sanitarie, quali le malformazioni congenite evidenziate dai ricercatori CNR o gli effetti delle esposizioni in ambito occupazionale (si pensi alle vicende dell’amianto e del CVM). Ma si ritiene che questi danni alla salute (si intende di persone ammalatesi e decedute) siano appunto passato e che sia giunta l’ora di voltare pagina.
Ma è poi vero che sono cose del passato? I lavoratori di quegli anni che si ammalano oggi sono questioni del passato o del presente? Lo studio Forastiere si è occupato dell’inquinamento atmosferico, ma non sappiamo nulla degli effetti sulla salute derivanti da inquinanti del suolo e della falda che sono ancora lì. Non sappiamo nulla della salute materno infantile perché lo studio non ne parla, perché le malattie respiratorie siano ancora in eccesso.
Il punto allora è: se solo ora si riconoscono gli errori del passato, errori rimasti sostanzialmente impuniti, chi è responsabile degli errori del presente? Chi è responsabile delle emissioni inquinanti? Chi è responsabile delle mancate bonifiche?
La narrazione dominante, davanti agli studi indipendenti, usava come argomento per delegittimare il lavoro dei ricercatori, che questi fossero militanti ed usassero dati non certificati. A questi però è seguito uno studio di coorte commissionato dalla Regione Puglia al Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio (Studio Forastiere), che ha di fatto confermato gli studi indipendenti ma che non è servito a cambiare pagina. Del resto la pagina non la cambiano i ricercatori, questi con i loro lavori scientifici possono al massimo innescare «frizioni e fratture». E’ compito poi della società, in tutte le sue articolazioni, riconoscere la necessità di produrre cambiamenti e farsene carico.
Si rimprovera il fatto di fare riferimento a studi datati. Certamente, ma si dovrebbe però riconoscere chi sono responsabili dei ritardi nella produzione di evidenze scientifiche aggiornate. Se lo studio di coorte non è stato aggiornato (pubblicato nel 2017 si ferma con l’osservazione al 2013), questo non dipende dalla volontà dei ricercatori indipendenti o dei movimenti ambientalisti, i quali loro malgrado non hanno accesso a quei dati, che nei fatti sono utilizzabili solo da ARESS e da altre agenzie regionali pugliesi.
Lo stesso si dica per il registro regionale delle malformazioni congenite: il registro istituito nel 2013 – a dispetto di quanto previsto dalla legge istitutiva – non ha mai prodotto un rapporto scientifico. Anche in questo caso la responsabilità non può essere imputata a chi chiede un monitoraggio continuo della situazione sanitaria. Avere la disponibilità di questi dati non è solo un atto di civiltà, ma un diritto di una popolazione e una necessità sul fronte sanitario – anche per conoscere gli effetti che l’inquinamento ha prodotto e produrrà nei prossimi anni (perché i riflessi non terminano con la chiusura di un determinato impianto) – per programmare interventi sul fronte dell’assistenza e adeguate politiche della salute per i cittadini.
La Cgil da tempo sostiene con le piattaforme elaborate e rese pubbliche che il trinomio sviluppo sostenibile, lavoro e ambiente possano viaggiare insieme. L’opportunità è offerta da una serie di strumenti – PNRR, Next generation UE – che il territorio deve essere capace di utilizzare e mettere a frutto per innescare un Green new deal epocale. E’ in questo modo che si potrà superare la transizione ecologica progettando un futuro che non ripeta gli errori del passato, determini uno sviluppo sostenibile e crei «lavoro buono».
Il Segretario Generale
Antonio Macchia
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