E’ allucinante il silenzio che si avverte intorno all’ultima “uscita” dell’Enel. Si apprende dalla stampa, infatti, che la società elettrica ha rinunciato a costruire uno dei due gruppi a turbogas. Ne farà solo uno e per il resto utilizzerà le aree di sua proprietà per realizzare un mega impianto fovoltaico. Saranno smontati il camino, i carbonili ed il nastro trasportatore. Va letteralmente a farsi fottere, pertanto, la possibilità di riutilizzo di tali strutture (molo, nastro trasportatore, asse attrezzato e carbonili) per realizzare a Brindisi una delle più imponenti basi logistiche portuali del Mediterraneo. Dopo aver prodotto utili giganteschi per decenni (utilizzando un combustibile “impegnativo” dal punto di vista ambientale come il carbone) l’Enel smonta la baracca e se ne va, lasciando una terribile scia di disoccupazione e sancendo la morte di decine di aziende brindisine impegnate nell’indotto. Sappiamo bene tutti, infatti, che un gruppo a turbogas e il fotovoltaico non hanno bisogno di tanti occupati e quindi siamo di fronte ad un totale disinteresse dell’Enel rispetto alle sorti di un territorio da cui ha tratto tanti benefici. L’abbandono del carbone, invece, avrebbe dovuto trasformarsi in nuovi investimenti “green” capaci di mantenere inalterato il numero di occupati diretti e indiretti e soprattutto capaci di offrire ricchezza al territorio. E invece l’Enel che fa? Ci piazza migliaia di “specchi” (forse sarebbe interessante cominciare ad accendere un faro su questa smania del ritorno a quel fotovoltaico) per deturpare ancora di più i nostri paesaggi e poi scappa via.
Ma la cosa drammatica è che tutto questo avviene nel silenzio generale. Come se fosse normale mangiare a casa di qualcuno e poi scappar via senza pagare il conto.
Su questo le istituzioni, la politica locale e tutte le altre parti sociali dimostrano i propri limiti e confermano che Brindisi si merita di essere maltrattata proprio per la sua totale incapacità di reagire.
(M.C.)