L’inchiesta viene effettuata dal procuratore capo della Repubblica di Brindisi Antonio De Donno con l’ausilio della Guardia di Finanza e riguarda ben dodici indagati. Si tratta di Vitantonio Gioia, Antonio Andreucci, Luigi Barone, Fulvio Faggiano, Alfredo Anglani, Annunziato Masiello, Giuseppe Santoro, Giuseppe Simone, Alessandro Gianicolo, Marco Botrugno, Fabio Palumbo e Angelo Colucci.
In particolare, i consiglieri di amministrazione e i liquidatori avrebbero “cagionato o concorso a cagionare il dissesto della società e poi il fallimento della stessa, effettuando operazioni dolose”. I sindaci revisori avrebbero dovuto vigilare ed evidentemente per la Procura di Brindisi non l’avrebbero fatto.
La Cittadella è stata per tanti anni la gallina dalle uova d’oro, dove si spendeva e si spandeva all’impazzata, determinando incredibili buchi nei bilanci, ovviamente a carico dei cittadini, visto che la proprietà era in gran parte riconducibile alla Provincia. Fu Massimo Ferrarese, ai vertici di quell’Ente, a scatenare il putiferio e ad accendere un faro su quel condominio così anomalo, gestito da dirigenti, consulenti e impiegati, ma da nessuno che si preoccupasse di riscuotere i crediti, partendo da una foresteria che i gestori avevano trasformato in albergo senza pagare gli affitti alla Cittadella e incassando tanti soldi. Il fallimento giunse a dicembre del 2013 e dopo sei anni finalmente si capisce che i magistrati non avevano mai archiviato quell’indagine. Oggi, pertanto, sono in dodici a dover spiegare il perché di certe scelte infauste.